Archiviamo subito un neo che getta ombre romantiche su tutto l’ascolto. “Nuvole animali inesistenti” è un piccolo rifugio che paga un debito grande sin dalle prime battute: la semplicità di Niccolò Fabi è ormai un marchio di fabbrica che in questo nuovo lavoro di Piastra torna forse troppo prepotente. C’è quel modo acustico di pensare agli arpeggi, quel fluttuare leggero quasi inesistente dentro scenari che sembrano di leggerissima quiete… e c’è quella voce il cui timbro, soprattutto dentro dinamiche meno esigenti e più rilassate, raggiunge le forme e le sembianze di Fabi. Poi siamo a Roma, siamo dentro quel certo modo di pensare alla canzone d’autore. Non si scappa… e Piastra non è riuscito a scappare o, con tutta probabilità, non gli interessava farlo. In fondo “Nuvole animali inesistenti” è un disco sincero che trasuda verità e onestà intellettuale. Impossibile non credergli.
Archiviate le ombre, queste nuove canzoni si sviluppano dentro modi leggeri, dicevamo… la prima “Se si pensa” quasi mi fa vedere l’intimità di uno scenario quasi post-apocalittico, bellissimi ricami e suoni di chitarre, acustiche ed elettriche. Lo sviluppo ci conduce dentro altre ombre, quelle di Gazzè, quelle di Silvestri… le solite insomma. È un peccato perché probabilmente avrebbe di certo potuto impegnarsi molto di più nel prendere le distanze da aderenze così sfacciate. Belle le progressioni della strofa ne “Il tuffo”, potenti nelle visioni le soluzioni corali della voce. Ed è forse in “Le intermittenze” che questo disco raggiunge la mia personale vetta di gusto. Ombre a parte, in questa scrittura la voce trova una pace e una credibilità molto più efficace, forse grazie ad un mix diverso, forse, ma l’intelligibilità è molto molto maggiore e molto più efficace. Ed eccolo il ritornello, ed ecco quel certo colore latino a impreziosire i bordi. E se mi aspettavo un fuoripista eccolo arrivare come “Oltre gli elementi”, dalla intro e dalla struttura quasi futuristica, con una melodia vocale dal forte impatto emotivo, spirituale nelle evocazioni che mi suggerisce. E la progressione quasi blues, quasi world, che fa il suo ingresso nello sviluppo del brano non me la sarei mai attesa… ed uscitamo completamente dal resto del disco, quasi a scomodare un certo Amerigo Verardi se non fossero troppe le aderenze con il pop. A proposito di futuro: “E quindi tu” è il dipinto che maggiormente sfoggia l’elettronica. E qui la voce cerca altre figure ancora, altri mix e altre soluzioni. Un brano che accoglie l’America dei R.E.M. sullo sviluppo, che accoglie anche le organze soul di Dalla… e poi la chiusa con “Persi e a capo”, un brano dentro cui il suono e la potenza cinematica (quasi “morriconiana”) la fanno da protagonista.
Insomma Piastra mi regala un disco bello, indubbiamente alto e di preziosa canzone d’autore contemporanea. Se solo avesse perseguito con coraggio un lavoro di identità e di ricerca invece che appoggiarsi dentro pattern ormai conosciuti, forse avremmo tra le mani un gioiellino privo di ombre. O forse è inutile quanto dico: forse è proprio questa forma l’unica ammissibile con verità. Mettetelo su, chiudete gli occhi e lasciatevi trasportare da questa nebbia di leggerissima quiete.



