Decisamente un lavoro intimo, pregiato, sospeso ed etereo come il sentire, come la contemplazione, come la spiritualità in senso ampio del termine. Biagio Accardi in questo nuovo disco fresco di pubblicazione dal titolo “Fai che accada” raccoglie non solo i luoghi ma anche le radici dell’uomo che li ha abitati, ne sfiora le visioni antiche e poi restituisce il suono di strumenti arcaici mescolandoli a strutture contemporanee.

«Questo è il mio augurio affinché le cose avvengano prima nel proprio immaginario e auspicando che questo modo di porsi diventi un atteggiamento mentale diffuso, perché non siamo solo collegati con il Tutto ma siamo il Tutto. Nei miei libri e nelle mie canzoni lo ripeto costantemente. Diciamo pure che questo disco è un inno all’Essere Divino che alberga in noi.» Biagio Accardi
Nove brani che più della canzone hanno la forma della ritualità: la percussione che diviene anche tribale a chiusa del disco nel brano “Il sogno” è il centro nevralgico della vita dell’uomo, il ritmo primigenio di tutto. Così come la figura del cerchio, perfezione della natura e crocicchio ineluttabile di quella matematica che tutto fa tornare e qui citiamo “Il cerchio” appunto, una tessitura sonora che non ha tempo e che si arricchisce di una figura interessante come quella di Andrea Seki con la sua arpa celtica. Tra gli elementi che tornano non potevano mancare “Le stelle” brano che sviluppa la coralità – altro arredo fondamentale dell’opera – dentro cui campeggia anche una certa immersione nel magico con la splendida vocalità di Luis Paniagua.
Liquido, anzi fluido, viscoso nella quiete che mostra di saper sentire la vita, di saperla raccontare, di volerci insegnare quanto bene accade nel bene che siamo. Un disco ricco di silenzio dentro cui ci si spoglia del superfluo e dell’ingombrante necessità dell’ego.


