Intervistiamo DECA al secolo Federico De Caroli pianista, tastierista compositore e produttore attivo sulla scena musicale da oltre quarant’anni. Abbiamo tra le mani questo disco che troviamo dentro tutti i principali canali digitali. “Strategia Esoterica” accarezza altre dimensione della canzone d’autore, quella non fatta più di parole ma di reticoli sonori, di ricerca, di frattali… sono landscapes che provengono da rielaborazioni dentro cui anche la voce interviene ma come strumento. Ha sempre dedicato una simile attenzione visionaria al suono… anche questa ha forma letteraria… estremante interessante la lunga intervista che segue.
Una distesa sonora che apparentemente non ha forma. Quanto hai lasciato all’istinto e all’improvvisazione e quanto alla misura matematica?
Per quanto io faccia largo uso di tecnologia nella produzione musicale, ti assicuro che matematica ne applico pochissima e mi affido, invece, all’ispirazione e all’istinto. Ovvero all’improvvisazione perché è un modo efficace per lasciar fluire le energie del subconscio. Io utilizzo pochissimo i sequencer, mi piace suonare con le mani sulle tastiere, lasciarle andare. Registro rumori e suoni ambientali e li manipolo con processi quasi artigianali per ottenere timbri inediti. E anche quando uso dei software per l’elaborazione dei suoni è difficile che proceda con un criterio per così dire scientifico. Sperimentare necessita di margini di imprevedibilità che la matematica non può dare. L’unica fase della produzione che richiede scienza e coscienza è quella in cui si fanno mixaggio e mastering, perché la qualità del suono lo richiede. Strategia Esoterica – come la maggior parte dei miei album di genere ambient e sperimentale – è frutto di un percorso che parte da un concept di base e lo sviluppa attraverso le composizioni sonore ispirandosi a simboli, iconografie, tracce che appartengono a quel concept. Però non mi metto a tavolino per stabilire cosa deve venir fuori alla fine del percorso.
Al suono che significato dai? E alla sua esecuzione?
Il suono è la materia formante della musica. È come il colore per i pittori, il marmo o la creta per gli scultori. Il suono dà la forma sensibile, percettibile di un flusso di energie. Che possono essere energie emotive o mentali. O energie para-mentali addomesticate, nel mio caso. Con l’insieme dei suoni si genera musica che può narrare, suggestionare, toccare certe corde profonde dell’anima o della memoria. Io lavoro molto nelle produzioni cinematografiche e televisive, soprattutto all’estero. Negli Stati Uniti ho trovato ottimi riscontri al mio modo di generare suoni inconsueti. Là c’è un’attenzione molto mirata al sonoro, non solo alla colonna sonora vera e propria. Certo il suono viene considerato una materia poco materiale, in quanto è una vibrazione e non è visibile all’occhio. Ma proprio in questo sta la sua potenza. L’ampiezza di possibilità che le vibrazioni offrono nel percorso creativo supera di gran lunga quella delle arti figurative; che in qualche modo imbrigliano un po’ l’interpretazione, la guidano. La pittura astratta, infatti, è quella che da sempre viene maggiormente associata alla musica. È la materia formante della musica, dicevo. Ma lo è anche della comunicazione in generale. La voce con cui ci parliamo è suono. Le parole sono suono. È qualcosa di davvero potente.
Ha senso se ti dicessi che un disco come questo sembra restituire forse più peso all’esecuzione che al suono in se?
Io credo (è una mia visione personale) che ci sia un certo equilibrio nella complessità di Strategia Esoterica. C’è stratificazione di suoni arcani, di linee melodiche trasversali, di tessuti armonici spesso inconsueti, ma c’è anche un fitto e accurato lavoro artigianale per costruirli. L’esecuzione ha reso possibile il risultato finale. La manualità, in un certo senso, ha dato forma a quell’istinto e a quell’ispirazione di cui sopra. Si tratta di un’esecuzione non in senso classico. Sì, suono delle tastiere, ma c’è molto di più. In questo caso, peraltro, è musica che non contiene particolari virtuosismi. Non ne ha bisogno, questo genere di sound. Il virtuosismo semmai lo accarezzo nei miei album pianistici, quando sono a tu per tu con uno strumento evoluto e totalizzante come il pianoforte. Benché anche in quel caso l’esecuzione debba restare al servizio dell’ispirazione e dunque ha più peso l’abilità manuale di gestire i volumi sui tasti – ad esempio – che non sfoggiare mirabolanti arpeggi tarantolati.
Quando leggo: voci registrate in stato di trance. Che significa?
Può sembrare una provocazione o una sparata eccentrica. In verità durante le registrazioni dell’album mi sono ritrovato imprevedibilmente ad ascoltare alcune sonorità che hanno indotto uno stato quasi ipnotico. Uno stato da cui era difficile uscire perché era come se mi facesse sprofondare nello strato più emotivo di precisi ricordi di un passato lontano. Astraendomi dalla realtà circostante. Sulle prime mi ha messo a disagio, anche perché si trattava di suoni che io stesso avevo creato. Però, quando ho poi registrato alcune parti vocali per i brani Energia Iniziatica e Strategia Esoterica mi sono volutamente lasciato risucchiare da quei suoni. L’effetto è stato questo estraniamento della memoria che la rendeva più emotiva che visiva. Dunque ho registrato consapevolmente la mia voce senza controllarla razionalmente. Il risultato ha caratteristiche davvero particolari. E si sente. Non sembrano linee vocali “normali”.
– A tutto questo suono è associato anche un contributo visivo? Inutile dirsi che questo disco ha un forte potere in tal senso…
Della mia musica si dice da sempre che è molto “visuale” perché evoca e genera scenari onirici e comunque narrativi. Ultimamente si parla tanto di ascolto immersivo che in sostanza significa lasciarsi coinvolgere completamente dal tessuto musicale, ma è una cosa che si faceva anche mezzo secolo fa. La musica strumentale in genere ha sempre spinto a questa modalità di ascolto. I concept album hanno un filo conduttore più preciso, magari. E la veste grafica ha quindi un suo peso. Anche per Strategia Esoterica il corredo grafico del disco ne riassume il concept, ma ogni ascoltatore ha comunque una sua percezione individuale che va oltre e aggiunge altri elementi. L’artwork del disco ha richiesto un lavoro di sintesi accurato perché avevo in mente una grande quantità di immagini, di simboli, di grafemi legati alla cultura esoterica. La copertina presenta questa scacchiera teoricamente infinita che rimanda al pavimento del tempio massonico, ma anche al concetto di strategia del gioco degli scacchi. E la figura di spalle che sovrasta la scacchiera è una figura panica, mitologica, ancestrale. E’ l’energia incarnata che padroneggia il sapere alchemico e governa la Via Iniziatica. Molti hanno visto in essa Lucifero, forse anche ricordando un altro mio recente album (Lucifero Alchemico del 2021). Ma qui le corna ricurve sono quelle di Pan, forse quelle del più antico Phanes. Poi nel booklet interno dell’edizione CD compaiono molte altre immagini concettuali che rimandano alle fasi della trasmutazione alchemica, ai rituali allegorici di morte e resurrezione, ai tarocchi, alle simbologie massoniche.
– Libri e letteratura: qualche titolo che ha seminato e contaminato tutto questo?
A proposito di Strategia Esoterica me lo stanno chiedendo in varie interviste. Evidentemente le tracce suggeriscono questo tipo di contaminazione. Tuttavia non posso citare riferimenti specifici, semmai un variegato ambito di letture che fanno parte della tradizione esoterica. E che appartengono a contesti ed epoche abbastanza diversi. Si va da Il mistero delle cattedrali di Fulcanelli alla Kabbalah, dagli scritti di Rudolph Steiner a quelli di Gurdjieff. Ci sono solo due precedenti nella mia discografia per cui la domanda sarebbe molto pertinente, perché sono due album ispirati ad altrettanti miei racconti. Il disco, in quel caso, era una versione sonora parallela della storia narrata, una sorta di soundtrack virtuale. Parlo di Aracnis Radiarum (2007) basato sul racconto L’abisso terminale; e di Onirodrome Apocalypse (2014) basato sul romanzo Il futuro è finito. Per il resto non c’è mai stato un nucleo di ispirazione preciso che sia partito da una lettura precisa. Certo, il mio retroterra culturale è fatto di letture. Ho una laurea in lettere, ho letto montagne di libri di ogni genere; anche se ho una predilizione per il fantastico e la fantascienza. Per questo si possono intuire reminiscenze bibliofile nelle mie opere musicali, in tal senso.



