Eccolo il nono disco di inediti di una firma storica della canzone pop rock d’autore emiliana… e sono ovvi i rimandi a Ligabue, ad un certo modo alla Nomadi, a certe visioni “hard” alla Vasco. Ma sono rimandi… quella di John Strada è una traiettoria che dopo tanti anni ha saputo consolidarsi dentro un’identità tutta sua, una confort zone che si è concessa nel tempo anche digressioni di forme e stili. Il nuovo disco dicevamo: “Basta crederci un po’” culla in se canzoni di vita, di conti da pagare e conti da rifare, cita la violenza come dentro il suggestivo mood di “Girasoli” (canzone scritta per la tragedia della morte di Federico Aldrovandi) da poco lanciato in rete con un video ufficiale. E ci attendiamo l’ennesima svolta, preannunciata sembra dall’ultima traccia dal titolo “La Tygre e l’Agnello”, altra diapositiva dedicata alla violenza (di genere questa volta). Esplora l’animo umano John Strada, non fa denuncia, ce lo dirà a chiare lettere. Resta un disco nuovo fatto di rock morbido, romantico, decisamente ispirato…

Che rapporto hai con la parola? In questo tempo liquido di parole sempre violentate nella loro sintesi…
Le parole sono pietre, diceva Carlo Levi. George Orwell in 1984 ci spiega che il regime del Grande fratello aveva inventato il Newspeak, una lingua con un numero ridotto di vocaboli che non permette agli uomini di formulare un pensiero complesso. Quindi, puoi capire che il mio rapporto con la parola è molto intenso. La scelta delle parole è importantissima quando si scrivono canzoni.
Da cantautore rock… scegli le parole anche per il suono che fanno dentro la melodie?
Certamente! Il suono della parola è importante quanto il significato. Non è solo una scelta estetica, infatti il suono conferisce alla parola un forte potere evocativo: è significato in sé. Senza parlare di rima, assonanza, alliterazione e le varie figure retoriche.
Un disco che attinge tanto dalla tradizione rock emiliana, e qui Ligabue è forse un riferimento su tutti. Come e che tipo di radici hai con il territorio?
Ho radici molto profonde nel territorio. Amo viaggiare in posti lontani. Ho vissuto negli Stati Uniti per qualche mese e in Inghilterra per 3 anni. Quando sono tornato per ristabilirmi nel Belpaese, gli amici mi dicevano: hai scelto l’Italia all’Inghilterra e io rispondevo: no, ho scelto XII Morelli (il mio paesino di 2000 anime nel cuore dell’Emilia) a Londra.
Parliamo di suoni: rarissima elettronica, pochissimo futuro, tanto suono analogico suonato… sei di quelli che dice che si stava meglio prima?
No, non si stava meglio prima, però si è imparato poco dal passato per evitare gli errori fatti. L’elettronica va benissimo quando usata con consapevolezza, perché si ricerca quel tipo di suono, pessima quando la si usa solo per essere fighi. Tempo fa ero un purista assoluto sul suono, ora mi piacciono le contaminazioni, sia con l’elettronica che con suoni esotici.
Nel disco sono diverse le denunce sociali, non ultima la violenza dentro “Girasoli” e la chiusa (assai bizzarra) de “La tygre e l’agnello”. Ma c’è anche la rinascita in diverse salse… cos’ha davvero mosso questo disco? Il bisogno di raccontare la vita che osservi o la voglia di fare denuncia e cercare una rinascita?
Non ho scritto le canzoni di questo disco per denuncia sociale. Mi interessava esplorare l’animo umano in tutte le sue forme, anche quelle più distorte e violente come nelle canzoni che hai citato sopra. Non ho risposte ma vorrei cercare di proporre delle domande, degli spunti di riflessione sul mondo in cui viviamo. Certi atteggiamenti, certe regole sociali non detto sembrano normali, sono diventate normali, ma se ci pensiamo un attimo non lo sono affatto.
Nella copertina del vinile sei a metà… ha una qualche simbologia questa scelta? Come a dire: questo disco è una metà della mia vita, della mia personalità?
No guarda, in realtà è solo una scelta estetica. La copertina è frutto di una scelta estetica. Avevamo questo bellissimo acquarello d’autore, fatto dal pittore Matteo Nannini e dovevamo scegliere come renderlo copertina. La tentazione di metterlo intero era tanta ma poi un collega cantautore, Andrea Govoni, mi ha chiesto: secondo te Lou Reed lo metterebbe intero o a metà. La mia risposta è evidente!
Eccolo il nuovo video: “Girasoli” appunto. Sembra inutile, scontato e anzi retorico chiederci come ci schieriamo di fronte alla violenza. Ma ti chiedo invece: la musica può fare qualcosa secondo te? Da cantautore… da musicista… senti una responsabilità in tal senso?
Si, la musica può fare qualcosa ma solo quando è sincera, e molta musica mainstream non lo è. Lo è stata in passato forse, ma ora non più. Io sento la responsabilità di essere onesto con me stesso e con chi mi ascolta. Ho scelto di fare anche un altro mestiere proprio per questo motivo: per potere essere libero. Voglio potere dire quello che sento realmente e non dovere filtrare le mie parole attraverso una macchina discografica che non ha a cuore la piccola goccia di arte che posso regalare ma solo i profitti che loro possono acquisire. Con questa scontatissima rima e con una perla di saggezza non richiesta ti ringrazio per l’intervista. Thank you and goodnight!

