Ci accodiamo alla splendida critica che c’è in giro su questo primo lavoro di Alessandro Minichino, giovenissimo artista della Basilicata, classe ’99 e che in arte si firma Alèm… che girato in altro modo potrebbe voler dire “male” ma chissà… vista la dura e velenosa critica che questo suo primo disco dal titolo “Sogni virtuali” fa della società moderna. Una critica feroce che passa anche dentro liriche scanzonate, che deridono e giocano con la assurde nuove normalità. E quel prendere in giro che sa come gestire passa poi per la forma del pop più canonico, del rap, tracce di dub, di cemento metropolitano e tantissimo altro. Ci piace sottolineare come spesso, tra le nuove penne della canzone d’autore, ci si ritrovi energie pulite capaci di spaziare con libertà dentro vocabolari artistici troppo ghettizzati, fermi nei loro recinti… e invece questo disco mette in scena la bellezza della contaminazione.
Direi che dalla intro giochi subito carte di dissenso sociale. Siamo ormai tutti burattini digitali di un sistema digitale?
Lo siamo da sempre. Semplicemente il mondo digitale rende tutto più evidente, tuttavia abbiamo anche i mezzi (se usati correttamente) per combattere al meglio, nel nostro piccolo la disinformazione.
E chi comunque ha i cuore e la testa rivolti alla luce? Nessuno si salva?
La risposta risiede nei sogni, chi riesce a conservare al meglio il proprio Io bambino sopravvive al meglio in questo mondo. Il puro è colui che non si lascia assuefare dalla massa e la frivolezza che ci circonda. Solo mantenendo i nostri obbiettivi, ideali e desideri saldi, senza piegarsi a scorciatoie di percorso ha una buona probabilità di salvarsi dall’infelicità collettiva a cui siamo destinati.
Un po’ come parafrasato dalla tua copertina… o l’ho letta male?
La copertina è ambientata nel futuro e se di futuro si parla, la mia generazione non può non trascinare con sé del pessimismo. Tuttavia credo che un domani migliore può realmente presentarsi grazie alle nuove generazioni che sembrano essere più attente nei confronti di quello che li circonda. La grande navicella che mi ospita all’interno della copertina potrebbe anche rappresentare Alèm all’interno del viaggio musicale. Un percorso fatto di tante copie senza anima sedute intorno a me, di cui rischio di far parte se non mantengo con attenzione quello di cui parlavo nelle risposte precedenti, che potremmo riassumere nell’essere umani. Quindi l’unicità, senza voler peccare di ego può creare il giusto cammino, lontano da dei binari prestabiliti verso un mondo senza più speranze.
La società quotidiana ha bisogno di Poveri? Abbiamo sempre bisogno di persone che stanno peggio per sentirci in pace?
Credo che il discorso del “pensa a chi sta peggio” possa aiutare solo le anime perse nel proprio ego e ricercano la felicità illusoria. Chi conserva anche solo un minimo di empatia e crede quanto basta nel bene comune non potrà mai sentirsi sollevato nel vedere qualcuno che vive male, anzi penso che un pensiero di questo tipo mi porta solo malessere. Spero non sia l’unico a pensare unicamente al mio interesse, ma sono certo di non essere il solo.
Siamo più capaci di stare in silenzio? Che rapporto hai con il silenzio?
Il silenzio è un valido alleato. Difficile da gestire. Oggi il silenzio aumenta nel mondo reale più che mai, sia a livello di interazione sociale che a livello di pensiero. Direi che siamo sempre più bravi a non parlare e a non creare spirito critico facendo nascere idee individuali utili al futuro. Al contrario nel mondo dei social siamo scatenati, aumentiamo l’esprimersi senza comprendere e ragionare, cercando unicamente di condividere una vita che ci piace credere sia degna di nota pur essendo totalmente comune. Nei social produciamo un continuo rumore senza contenuti o fini, un costante bisbiglio ben meno potente e forte del silenzio. Il silenzio non è vita ma deve essere la nascita della vera parola, quella pesante e pesata, il nido della noia dove nascono idee e si covano sogni.
Da cantautore, secondo te, ormai siamo assuefatti anche a simili critiche sociali? Servirà in qualche modo a smuovere coscienze o forse risulteranno ennesime aderenze di stile e di mode?
La critica sociale prende più strade, quella standard fatta cliché e opinioni radical chic, oppure quella che viene fatta da un occhio imparziale, cantare il sociale credo non sia facile, a differenza della canzone d’amore dove il punto di vista personale più è accentuato e più funziona, nella critica serve un approccio più cinico. Il pensiero personale aiuta nel gioco satirico ma non deve essere limitante nella “potenza di fuoco”. Quello che spesso abbiamo visto mancare nel giornalismo italiano, dove professionisti del settore diventano semplici opinionisti in cerca di dar acqua al proprio mulino. Per trovare una giusta efficacia bisogna staccarsi dalle radici e osservare tutto da lontano e come diceva Chaplin, allontanarsi, ci mostra la commedia, in situazioni che vissute dall’Interno possono sembrare tragiche. Senza dubbio esiste una chiave per riuscire realmente a smuovere le coscienze, io ne sono alla ricerca sfrenata.



