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OTTODIX: il suo personalissimo viaggio nel mondo

Esce “Il Milione – best of Ottodix 2014>2024”, la raccolta degli ultimi 10 anni di suoni

Non si contano facilmente gli anni di militanza di Ottodix. Parliamo proprio con Alessandro Zannier, artista visionario che al suono unisce sempre derive artistiche di luce e di forme futuristiche, di concetto e di resistenza, aveva festeggiato i primi 20 anni ufficiali del progetto nel 2013 con la raccolta “O.Dixea – best of Ottodix 2003>2013”. Oggi si ripropone di pescare i singoli di questi altri dieci anni a seguire e pubblica “Il Milione – best of Ottodix 2014>2024” dentro cui campeggia il singolo “Marco Polo”. Non contento eccolo il 45 giri stampato in sole 20 copie per custodire il primo e l’ultimo brano di questo viaggio che vogliamo infinito. Una lunga chiacchierata dentro cui rintracciare tutti i legami e gli intrecci che custodiscono la ragione di questo eterno divenire. Mettetevi comodi, si parte… che chi resta fermo un poco sta già morendo.

Scendendo lungo la tracklist, le canzoni hanno sempre un centro comune: la critica sociale. Sempre o quasi… domanda provocatoria: cos’hai raccolto in tutti questi anni di “denuncia”?
Hai perfettamente ragione, le canzoni sono uno sfogatoio personale, ho guadagnato in autoterapia e risparmiando i soldi in medicine per la bile o in strizzacervelli. Scherzi a parte, è un doppio binario di scrittura che ho da tempo immemore adottato come cifra stilistica e che lavora sul soggetto scelto di volta in volta, scientifico, geostorico, astrale, fanta-visionario, tecnologico, filosofico, ma che non si limita a descriverlo in modo didascalico.
Questi soggetti vengono scelti come metafore per parlare parallelamente delle storture della nostra società, nel tentativo di smascherare le similitudini coi massimi sistemi della natura, o al contrario sottolineando proprio il fatto che stiamo andando contro la natura stessa delle cose. Sono dei piccoli teoremi che tentano di mettere di fronte a degli sbagli o miserie umane, con motivazioni il più possibile autorevoli e incontestabili, lontane da visioni politiche di parte, non perché lo dico io, ma perché lo dice la natura e la fisica.
E’ una forma mentis che ho ereditato dalla mia formazione di artista visivo, la applico anche alle mie opere.

Domanda bizzarra ma forse no pensando che molti artisti lo fanno. In questi anni noto che la tua voce è praticamente rimasta invariata… mi chiedo: il tempo per lei non passa o è frutto di un processo tecnico in studio?
Che diamine, speravo fosse migliorata! In realtà ti ringrazio per l’osservazione, devo dire che in anni e anni ho fatto molta palestra tra provini, registrazioni e concerti o prove assidue con la band. Ho molto più controllo vocale oggi di 10-15 anni fa, on stage e in studio. E’ il frutto della mia natura di artista-produttore. A furia di lavorare alle demo sulle mie onde sonore coi software, quando canto so perfettamente che onda sonora viene fuori dall’altra parte della regia, so dove sono stato calante o non perfettamente a tempo e mille altre piccolezze. So anche quali frasi evitare in fase di scrittura. Alcune capisco subito che mi verrebbero male o sforzate e spesso questo incide direttamente nel processo di stesura dei testi. Meglio sacrificare una strofa bellissima su carta, se non si è in grado di dominarla cantandola in modo efficace. A volte una frase che non sembra poi originalissima, se è nelle tue corde, in quel punto del brano crea una magia migliore di una frase memorabile, ma che sulla musica sta dentro a forza. Questo perché più le parole sono vestite su misura per la tua voce, più arriva credibile e determinato il significato.
Un altro banco di prova che mi ha costretto a calibrare anche le virgole e i respiri è stato quello di confrontarmi live da tempo con piano e quartetto d’archi, contesto che impone un controllo delle altezze e anche dei volumi molto più rigoroso, perché sei letteralmente nudo in quei frangenti e si sentono le minime sbavature. Non provo mai con effetti sulla voce. Sempre “a secco”. Così si mette in piazza ogni minima sbavatura e la si corregge.

Il cantautore spesso si sente addosso la responsabilità di cantare il tempo che vive. Tu lo fai anche ragionando sul modo che è il principale cambiamento dei tempi. Ci sei riuscito oppure pensi ci sia ancora tanto da fare?
Io come molti, sono figlio della mia epoca di formazione e inconsciamente o meno, tendo ad arrivare sempre più vicino a quelli che erano i miei ideali di canzone. I miei riferimenti sono sempre stati un mix tra l’importanza del testo, l’originalità dell’arrangiamento (classico, pop o elettronico che sia) e l’utilizzo di accordi e armonie azzardate in contesti “pop” alternative. Bjork, Massive Attack, i Depeche Mode anni ’90, tutta la scena di Bristol, la musica da film, le orchestre, i Nine Inch Nails e tutto quel mondo sonoro, anche pop, ma sofisticato.
Ambisco ancora a quelle sonorità, non ho ambizione di fare il rivoluzionario nel suono, anche se quella roba lì in pochi l’hanno saputa fare in Italia e quindi ancora pochi precedenti di adattamento alla lingua italiana.
Questo per quanto riguarda il vestito sonoro. Per i testi e i contenuti invece sì, bisogna assolutamente essere contemporanei. In questo credo di essere perfettamente al passo con i tempi nelle tematiche, molto più di tanti giovani musicisti attuali che puntano tutto sui suoni (sui preset, a volte). Le tematiche del mondo reale, beninteso, non quelle descritte nel neo pop di oggi, che reputo abbastanza banali, ripetitive e smarcate da ogni impegno ed analisi del proprio tempo. E sì che ce ne sarebbe da scrivere eh, per un artista oggi. Viviamo in una delle epoche più drammaticamente piene di spunti della storia e questi continuano a frignare sull’amore finito, sulla nostalgia di lei, sul linguaggio da social o peggio vantandosi di Rolex, Lamborghini, Rolls Royces, champagne, camere d’hotel, pistole, sballi vari e misoginie dichiarate da far impallidire. Praticamente hanno gli stessi miti dei papponi sessantenni di 40 anni fa col capello lungo, il Porsche-status symbol e i night club con l’escort. A vent’anni molti di loro sono già più cafoni di un Briatore, più conservatori del vecchio imprenditore anni ’80 e più a caccia di scorciatoie, con pose da gang mafiose newyorkesi (che fa ridere, se ci pensi) invece di ambire a far rivoluzioni e tabula rasa di un mondo che va a rotoli a cominciare dal clima. farebbe anche sorridere, non fosse che è evidente un cortocircuito generazionale. I giovani ambiscono agli status degli yuppies attempati degli anni ’90 e sono meno sovversivi dei nonni. Con la complicità del sistema discografico, aggiungo. Questo non è sano, lo pagheremo a breve.

E restando sul tema non trovi che il tempo moderno ci stia richiamando con molta più forza verso le cose primigenie della vita? Quindi ad un suono acustico e meno computer? Almeno nell’arte intendo…
No, in questo non sono del tutto d’accordo. La tecnologia c’è e non si torna indietro, fa parte dell’evoluzione umana e francamente di canzoni piano voce, chitarra voce, di new age fatta con didjeridoo e percussioni africane coi mantra tibetani ne abbiamo pieni gli scaffali e, come molta musica folk, offrono oramai ben poche variabili.
Io sono un autore e compositore, costruisco armonie e accordi con tastiere e software da una vita, ho affinato la mia ricerca in quella direzione. Per comporre canzoni con strumenti acustici non ne ho la capacità tecnica, dovrei delegare altri musicisti, non avendo la conoscenza dello strumento, quindi perderei tutta l’abilità compositiva. Dovrei essere costretto a comporre solo in presenza di un musicista quel giorno X, non a tutte le ore quando mi viene un’illuminazione. Ma scherziamo? Perché dovrei? Non è il mio mondo e io non sono solo un interprete, ma soprattutto un compositore. Per fare cosa, poi? L’ennesima variazione blues di un emozionante brano chitarra acustica e voce? C’è un sacco di gente che fa questo da una vita e lo padroneggia meglio di me, non avrei nulla da aggiungere a questi percorsi. Io ho una strada e una ricerca, devo rinnovarmi, ma restando coerente al mio percorso, solo così posso sperare di dare qualità e spessore crescenti. Sarebbe presuntuoso a 53 anni svegliarsi e fare il Bob Dylan. E pure noioso e fuori dal tempo.
La forma ibrida secondo me è molto più intrigante e attuale. La musica elettronica ha per sua natura sintetica la possibilità di evocare mondi mentali, inediti, suoni ogni volta diversi. Certo, la matrice naturale ha sempre un fascino imperfetto innegabile, ma partendo dalla sua base si possono con l’elettronica ottenere textures “acustiche” altrimenti impossibili senza tecnologia. Poi ci sarebbe anche da fare un discorso sulla presunta differenza tra “naturale e artificiale”, tema attualissimo per le intelligenze AI, ma che vale anche per la musica elettronica. E’ una distinzione che non esiste a mio avviso. Ogni onda sonora è un fenomeno fisico, che la produca una chitarra acustica o un suono di sintesi, sempre un fenomeno naturale va a creare. Le macchine sono propaggini, invenzioni dell’animale uomo, così come l’alveare è una tecnologia dell’ape. Tutto quello che muove onde sonore in natura è “suono naturale”. Che sia il vento, una chitarra elettrica (il distorsore è già di suo una sintesi umana “artificiale”), un violino o un computer. Siamo natura anche noi, con tutte le nostre invenzioni.
Sono invece molto in accordo se intendi che data la continua connessione social e digitale, abbiamo bisogno di tornare alla vita analogica, quella off line. Questo sì, io stesso sto dando segni di cedimento. Sogno sempre più uno chalet in un bosco o svegliarmi davanti a una spiaggia e lavorare in mezzo al nulla. Con un bel synth, ovviamente.

Dopo tutti questi anni, dopo questo lungo viaggio ancora in movimento, “Marco Polo” arriva per dirci quale nuova forma di Ottodix? Cioè come lo prevedi o lo vuoi il futuro del tuo suono?
“Marco Polo”, la canzone, arriva per concludere una decade, festeggiarla e dire dove sono e siamo arrivati, chiudendo tutto in un baule e consegnandolo al pubblico nella veste più lussuosa e generosa possibile. Sono molto fiero di queto “best of”.
L’inedito è celebrativo del suono raggiunto fin qui e in alcuni passaggi cita anche album e tematiche percorse in 10 anni. Suona come un piccolo classico a sua volta.
Per il futuro sono già ben avviato verso un progetto molto importante che uscirà nel 2026, in cui lo spettacolo live sarà un’evoluzione ulteriore, le tematiche saranno estremamente attuali e il suono decisamente in evoluzione. Ho fatto sentire i provini ai ragazzi e a Flavio Ferri che produrrà il lavoro e a quanto pare c’è molto entusiasmo e linfa nuova in pentola. Ci sarà un’elettronica più estrema e orchestra. Come ti dicevo, credo nell’ibridazione dei linguaggi, molto più dello schierarsi o da una parte o dall’altra.
Se ti sposti a piccoli passi, ma costantemente e coerentemente, sopravvivi più a lungo, innanzitutto a te stesso.

Written by Redazione Bravo!

Bravonline nasce tra il 2003 e il 2004 frutto della collaborazione tra vari appassionati ed esperti di musica che hanno investito la loro conoscenza e il loro prezioso tempo al fine di far crescere questo magazine dedicato in particolar modo alla Canzone d’Autore italiana e alla buona musica in generale.

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