Enzo Jannacci – Se me lo dicevi prima (19/20)

ESTRO-VERSI
a cura di: "PIJI"
In esclusiva per Bravonline.it

Nel 1979 Woody Allen in “Manhattan” fa un proverbiale elenco di cose “per cui vale la pena di vivere”, da Groucho Marx fino al viso di Tracy (Mariel Hemingway).
Nel febbraio di dieci anni dopo, Enzo Jannacci stilerà la sua personalissima lista “per cui vale la pena di vivere” nel capolavoro sanremese intitolato “Se me lo dicevi prima”.
“Quando tace il water”
“Quando ride un figlio”
“Quando parla Gaber”
“Quando t’innamori”
“Quando vince il Milan”
“Quando guardi fuori”
“Quando spegni il boiler”
Dice “è bello”, ma non intende semplicemente “è bello”.
Ho scelto questo ESTRO-VERSO non solo per omaggiare anche Gaber, che qualche giorno fa avrebbe compiuto 82 anni, ma perché è abbastanza raro che un cantautore metta nel testo di un suo brano il nome di un altro cantautore in maniera così dichiarata.
“Quando parla Gaber” è diventata una frase molto conosciuta, il sunto del percorso di quel cantautore diverso da tutto che fu il genio del Teatro-Canzone.
Jannacci si riferisce infatti ai “monologhi”, l’anomalia del cantautore Gaber che ormai da quasi vent’anni componeva i suoi spettacoli mescolandosi alle canzoni.
In uno di questi, “Io se fossi” (1984), Gaber diceva “Io se fossi Jannacci… farei un duo”.
In realtà ne avevano fatti ben due, di duo.
Uno fu sul finire degli anni 50 e si chiamò “I due corsari”. L’altro nel 1983, poco prima del monologo appunto, e si chiamò “Ja-Ga Brothers” (con i nostri vestiti come i Blues Brothers!). Insomma si scambiavano effusioni pubbliche da veri fratelli quali erano. Uno via monologo, l’altro via canzone. Più che Brothers.
Mi ricordo benissimo la frase strozzata, autenticamente disperata, che pronunciò Jannacci all’Abbazia di Chiaravalle dove si svolsero i funerali di Gaber: “Ho perso un fratello” disse. E nient’altro.
Tornando alla canzone, Jannacci dice anche “sarà ANCORA bello” prima della lista delle cose per cui vale la pena di vivere, monologhi di Gaber compresi.
Perché questa non è una lista di cose per cui vale la pena di vivere fine a se stessa.
Questa lista è dedicata a tutti coloro che in quegli anni avevano seri problemi con l’eroina.
“Sputa su chi ti eroina” è un altro verso fantastico, in cui “eroina” diventa magicanente verbo, “eroinare”.
Sì perché solo un grande genio come quello di Enzo Jannacci poteva riuscire a scrivere la canzone italiana probabilmente più riuscita in assoluto sul tema della tossicodipendenza, raccontando i mille motivi per cui, viceversa, “vale la pena di vivere” e, miracolo assoluto, senza scadere mai nella retorica. Praticamente impossibile, ma ascoltatela bene e sarete d’accordo con me.
Innanzitutto perché il tema centrale non è solo la tossicodipendenza, ma più precisamente il “reinserimento” in società, pensiero decisamente innovativo, moderno, per il Festival di Sanremo di quegli anni.
I personaggi del brano sono 3: uno è, diremo così, il narratore, Jannacci appunto, ma anche colui che stila la lista di cui sopra per provare a reinteressare alla vita il protagonista del brano, ovvero il ragazzo dentro a quello che allora si nominava spesso come “tunnel”. Il terzo personaggio è invece un ipotetico datore di lavoro che svicola, evita, pianta mille scuse per non far lavorare il ragazzo.
I dialoghi tra questi ultimi due personaggi sono parlati e sono addirittura comici, satirici, anche se amari.
La retorica non riesce proprio ad avere cittadinanza, qui.
Solo Jannacci può.
Il datore di lavoro è quel genere di persona che col senno di poi sa risolvere tutto, ma che in realtà “prima” non aveva fatto un bel niente. “Quelli che” appunto dicono “Se me lo dicevi prima”.
“Quelli che” “di te e degli altri non gliene frega niente”.
“Quanto sei alto? 1 metro e 90? Noi vai bene. Noi vai bene, se me lo dicevi prima ti dicevo che noi abbiamo bisogno della gente giusta tra l’1.60, l’1.60. Tra l’1.60”.
Solo Jannacci può.
Mischiare alto, basso, indignazione, dolcezza, riso, dolore, cantato e parlato, trasandatezza voluta nella performance e accuratezza musicale (un’orchestrazione pazzesca in questo brano, tra l’altro) e la magia di queste parole che proprio quando sembra possano volare appena troppo sanno puntualmente tornare giù, ridacchiando in modo beffardo.
Solo Jannacci può.
E anche la lista delle cose “per cui vale la pena di vivere” forse è ancora meno retorica di quella di Woody Allen. Di mezzo ci sono il Milan e il water che tace, ad esempio…
C’è un prima, un durante e un dopo in questa canzone.
Il tunnel è il durante.
Il prima è l’alibi del datore di lavoro, ma è anche il ricordo delle cose più belle, tant’è che, parlando della lista di cui sopra dice “sarà ANCORA bello”.
Il “durante” è anche il tentativo di convincere il ragazzo a tentare un percorso di disintossicazione. Che poi è tutta la canzone stessa. E il messaggio mi verrebbe da dire “pratico”, l’azione diretta sulla realtà che si prefiggeva questa canzone da un palco seguito come quello di Sanremo.
“Perché iniettarsi morte è ormai anche fuori moda, perché ce n’è già tanti che son venuti fuori”.
E poi, fortunatamente, c’è il dopo.
La parte della lista più importante:
“Quando guardi il tunnel che è ancora lì vicino e non ci credi ancora. E sei venuto fuori. E non ci credi ancora. E c’hai la pelle d’oca e non ci credi ancora”
“Quando scopri il trucco”.
“Quando guardi il tunnel.
Quando senti il sole”.

Biografia di Piji

Cantautore romano, attivo da diversi anni nella scena italiana, Piji è stato 17 volte 1° classificato in rassegne dedicate ai cantautori e ha al suo attivo 4 partecipazioni alla Rassegna Premio Tenco di Sanremo: tra i vari riconoscimenti la Targa Tenco 2020 Album collettivo a progetto, il Premio AFI 2013 per il miglior progetto discografico, Premio Lunezia Future stelle 2010, il Premio Bindi 2009 (premiato anche come Miglior Testo e Miglior Musica), il Festival Dallo Sciamano allo Showman 2010, il Premio Augusto Daolio 2007, Botteghe d’autore 2007, il Premio L’artista che non c’era 2007, e altri tanto da essere definito nel 2011 il “giovane cantautore più premiato d’Italia”.
Con il “Piji Project” e i vari progetti paralleli (come la Emmet Ray Manouche Orkestra) ha svolto in questi anni un incessante lavoro live che ha toccato le principali rassegne italiane (Umbria Jazz, Roma Jazz Festival, Villa Ada Roma Incontra il mondo, Blue Note Milano, Verona Jazz, Pescara Jazz, Villa Celimontana Jazz Festival, Casa del Jazz, per citarne alcune).
I suoi singoli Welcome to Italy, C’è chi dice no (versione electro swing del classico rock di Vasco, apprezzata dallo stesso Komandante, pubblicata per Carosello Records/Isola degli artisti) e L’amore ai tempi dello swing (firmato con Enrico Ruggeri, con grandi ospiti nel videoclip tra cui Fiorello e Renzo Arbore) hanno conquistato la vetta della classifica jazz di iTunes.
Piji è stato tra gli ospiti ricorrenti e anche nel gennaio 2016 la piccola orchestra stabile dell’Edicola Fiore di Fiorello, ha cantato con Renzo Arbore nel programma Quelli dello Swing (Rai2) e ha tra le sue principali collaborazioni quelle con Simona Molinari, Michela Andreozzi (Piji è nel cast del suo film Nove lune e mezza), Tiziana Foschi e Max Paiella, ha duettato con Gianmaria Testa, Fausto Mesolella, Francesco Baccini, Sergio Caputo, Lorenzo Fragola, Dario Vergassola, Giorgio Tirabassi, Massimo Wertmuller, Ada Montellanico e ha scritto diversi brani per il cinema, come The Lamp of Aladdin, che fa parte della colonna sonora di Sei mai stata sulla luna di Paolo Genovese (2015).
Ha all’attivo tre libri, più di venti diverse trasmissioni radiofoniche da conduttore (condotte negli anni per Radio Città Futura e Rai International) e la partecipazione musicale in moltissimi spettacoli teatrali (tra gli altri A letto dopo Carosello, Cibami, Dunque, lei ha conosciuto Tenco?, Il punto G. Oltraggio a Giorgio Gaber, Delirio a tre, Voci nel deserto, Gaber diviso due) ultimo dei quali Non si uccidono così anche i cavalli? prodotto dal Teatro Brancaccio per la regia di Giancarlo Fares con Giuseppe Zeno e 14 attori/ballerini in scena. Lo spettacolo con musiche e canzoni di Piji ha vinto il premio “Camera di Commercio Riviere di Liguria” e ha girato diverse piazze (Roma, Genova, Modena, Busto Arsizio, Torino, Cormons) nella stagione 2018/2019. Ha all'attivo numerose direzioni artistiche nell'ambito di club live music e rassegne musicali tra cui "Torbellamusica" ovvero i giovedì musicali da lui curati nel 2015 per il Teatro Tor Bella Monaca di Roma.
Nell'inverno 2019, da Sanremo per “La vita in diretta”, Piji è stato in onda tutti i pomeriggi su Raiuno e ha suonato con la sua band diverse “metamorfosi” musicali dei brani storici del Festival. Nell'autunno 2019, sempre a Sanremo ma durante il Premio Tenco, è stato presentato il doppio cd "Io credevo. Le canzoni di Gianni Siviero" con tanti artisti come Roberto Vecchioni, Sergio Cammariere, Gigliola Cinquetti, Mimmo Locasciulli, Petra Magoni a rileggere le canzoni dello storico cantautore torinese. Piji partecipa con il brano "C'è una stella". Il progetto si aggiudica la Targa Tenco 2020 Album Collettivo a progetto.
Gli ultimi due singoli di Piji sono "Misanthropy  Village" (2019, https://www.youtube.com/watch?v=ftjtx74BEEo)  e  "Non  ho  capito  cosa  mi  capita  quando  mi  capita  che e  capita  che  capiti  qua"  (2020, https://www.youtube.com/watch?v=tdLtmk6vH2g).  

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