Di Elisabetta Malantrucco
È uscito il 25 aprile Bella Ciao (Materiali Sonori), un disco che vede l’ideazione e la direzione artistica di Franco Fabbri; la direzione musicale, gli arrangiamenti – e naturalmente l’organetto – di Riccardo Tesi; gli arrangiamenti, la chitarra, lo tsouras e l’armonium di Andrea Salvadori; le percussioni e la voce di Gigi Biolcati; la chitarra e la voce di Alessio Lega ed infine le voci straordinarie di Lucilla Galeazzi, Ginevra Di Marco ed Elena Ledda.
Un gruppo d’eccezione che si riunisce per celebrare lo spettacolo Bella ciao, quello messo in piedi cinquanta anni fa dal Nuovo Canzoniere Italiano (braccio operativo dell’Istituto Ernesto De Martino, come spiega brillantemente Alessio Lega) e che ha segnato l’inizio del folk revival italiano… Lo scopo è noto: dare diffusione al patrimonio di musica popolare raccolto in giro per l’Italia da Roberto Leydi. A partecipare allo spettacolo Caterina Bueno, Giovanna Daffini, Giovanna Marini, il Gruppo di Piadena, Ivan Della Mea, Michele L. Straniero e Sandra Mantovani.
Il debutto avvenne nel 1964, al Festival dei Due Mondi di Spoleto; fu accompagnato da polemiche violentissime e fu seguito anche da denunce, eppure a quello spettacolo – che ebbe il grande merito di saper mostrare come in Italia esistesse una cultura popolare – si può ricondurre tutto il lavoro successivo dei tanti musicisti che hanno portato il nostro folk nelle piazze nazionali e internazionali. L’anno dopo uscì anche il disco Le canzoni di Bella Ciao, per i Dischi del Sole.
Il ritorno in scena, in versione concerto, risale ad un anno fa, l’11 giugno del 2014, presso una affollatissima Camera del Lavoro di Milano.
Ma veniamo al cd uscito in aprile. Come prima cosa va rilevata la profonda differenza tra questa nuova opera e il vecchio spettacolo: differenze di scaletta, differenze di arrangiamenti e differenze nello spirito militante.
La scelta di scaletta è stata fatta naturalmente sul vecchio disco, ma anche basandosi sul programma di sala di Spoleto ‘64 e sui nastri live dello spettacolo tenuto al Teatro Odeon di Milano nel 1965.
Per quanto riguarda gli arrangiamenti invece, dal 1964 le cose sono profondamente cambiate nel movimento folk italiano; tutto sembra essersi trasformato, evoluto e modernizzato. È quindi questa una rilettura, sicuramente rispettosa ma non succube dell’originale, anzi, totalmente e pienamente libera. L’arrangiamento è molto più curato rispetto all’originale (affidato praticamente solo alle chitarre); però – come afferma ripetutamente e giustamente Riccardo Tesi – resta centrale il ruolo delle voci.
E veniamo a quello che molto impropriamente abbiamo definito spirito militante: si tratta di una parte del discorso forse difficile da affrontare ma che non può essere in alcun modo trascurata, perché – a nostro parere – è un elemento fondamentale di questo lavoro: non si può nemmeno parlare di questo disco, senza individuarne la fisionomia ideologica, o, se preferite, l’humus sociopolitico dentro il quale è nato, suona e si muove.
Non deve essere infatti stato semplice oggi confrontarsi con uno spettacolo datato come quello di Bella Ciao e dalla struttura ideologica così chiaramente definita.
Quella del 1964 era una Italia diversa, che si muoveva tra il boom economico e la perdita delle radici e delle tradizioni: la ricerca quindi di quel passato popolare assumeva un chiaro significato politico, che si accompagnava a quello della coscienza dei conflitti di classe, vecchi e nuovi. Una sovrapposizione con la storia contadina italiana che fu innanzitutto una operazione politica e ideale e che segnò profondamente la cultura italiana; sul significato storico di questa operazione (e di altre dell’epoca) qualcuno forse starà già lavorando, al di là e al di sopra delle posizioni ideali, ma qui si rischia di entrare in un discorso controverso e complesso e questa non è la sede per affrontarlo, né chi scrive ritiene avere gli strumenti per farlo.
Torniamo quindi al Bella Ciao di Riccardo Tesi e al 2015: sappiamo fin troppo bene come il quadro storico, sociale, politico e culturale sia cambiato da allora.
Mettere in piedi una operazione così è stata perciò una scelta di grande coraggio, soprattutto se si è deciso chiaramente – come è evidente all’ascolto del disco – di evitare fasulle operazioni nostalgia e inutili e dannosi Come eravamo.
Più propriamente potrebbe dirsi che le canzoni popolari – che hanno attraversato secoli e secoli – non hanno tempo e non hanno storia e la Rivoluzione, che ha spazzato via quel mondo che quelle canzoni ha prodotto e tramandato oralmente, doveva per forza inventare un modo affinché ciò che non ha tempo continuasse a vivere.
Non tramandare quindi un mondo antico, che possiamo rimpiangere solo come idea di un’epoca mitica – che mitica non era affatto: era invece costellata di dolore, fatica, malattia, sfruttamento, stenti e povertà – ma conservare, restaurare, lucidare quello che di universale quel mondo ha saputo produrre.
E ci è sembrato di ritrovare in questo disco proprio questa idea, proprio questo spirito, che è – in senso musicale innanzitutto, nella ricerca dell’arrangiamento più raffinato e nella scelta dei suoni più ricca – davvero e di nuovo militante: ogni epoca, infatti, ha l’impegno che riesce a produrre.
Nella nostra – checché se ne dica – la ricerca estetica per realizzare un’opera culturalmente degna e valida, è diventata imprescindibile.
E la ritroviamo – fortunatamente – in questo Bella Ciao degli anni Dieci.
BELLA CIAO
- Lucilla Galeazzi – voce,
- Elena Ledda – voce,
- Ginevra Di Marco – voce,
- Alessio Lega – voce, chitarra
- Andrea Salvadori – chitarra, tzouras, armonium, arrangiamenti,
- Gigi Biolcati – percussioni, voce
- Riccardo Tesi – organetto, arrangiamenti, direzione musicale.
L’ideazione e la direzione artistica del progetto sono di Franco Fabbri
Brani
- Lizza delle Apuane (trad.)
- Bella Ciao (mondina)
- Bella Ciao (partigiana)
- Maremma Amara
- Povere filandere
- Cade l’uliva
- Stornelli mugellani
- Sant’Antonio a lu desertu
- No mi giamedas Maria
- Mia mamma vuel che fila
- Porta Romana
- Gorizia
- Con gli occhi bianchi e neri
- Amore mio non piangere
- Son cieco
- La Lega
- Addio Lugano bella