L’ESTRO-VERSO più bello del 2020, all’interno della canzone più bella del 2020, all’interno del disco più bello del 2020. E forse anche degli ultimi anni…
Tra l’altro, verso incredibilmente emblematico, testimone esatto del suo tempo. Uscì il 18 settembre quando l’OMS festeggiava e la seconda maledetta ondata ancora sembrava che potesse non accadere.
Anzi, il personale “E quindi uscimmo a riveder le stelle” di Samuele Bersani capitava proprio alla fine di quello che pareva un inferno quasi superato, con un tempismo magico, probabilmente involontario, visto che certe strategie di pubblicazione si organizzano con anticipo. Senza considerare l’incredibile coincidenza del fatto che chi usciva a riveder le stelle era anche la produzione originale di Samuele, il cui ultimo disco di inediti risaliva addirittura a 7 anni prima.
Ma in realtà questa canzone non parla affatto del nostro peggior tempo collettivo che stiamo passando, né del nuovo disco appena pubblicato, piuttosto di un fatto privato che da Samuele stesso si trasla al protagonista della canzone e che, nell’aria, era però molto traslabile a tutti noi.
Sì, perché la canzone parla di “una serie di giorni infelici” per quasi 4/5 del tempo, delle ferite del protagonista che “stava facendosi Harakiri”, che “si era aperto il mignolo di un piede” e che dai lividi che ha, guardandosi allo specchio dice “potrei dire di aver fatto lo stuntman”. Il dolore sembra essere più precisamente romantico visto che, nel primo ritornello, il nostro evita di ascoltare canzoni d’amore perché il suo cuore è già troppo pulsante e non vede in giro dottori pronti a curarlo. Dolore che prosegue nel resto della canzone, tra “bestemmie di marmo” (espressione stupenda che rende l’idea del peso specifico tonante di quelle parole), sonniferi e confini da non oltrepassare, fino ad arrivare al finale, al gran finale, che tutto ribalta.
La fine della depressione, la luce in fondo al tunnel, la Grande Guarigione.
E la meraviglia di come è descritta.
Il significativo “venne fuori vestito di bianco”. Già solo in “venne fuori” c’è già tutto, la pubblicazione del disco, la fine del lockdown che ci tappava nelle case e, restando alla vicenda, “fuori” da quel periodo buio, talmente buio da sembrare un blackout. E lui, ripulito dai mali, guarito, lindo, “vestito di bianco”, la luce che illumina il buio: “Una lucciola in mezzo a un blackout”. Come del resto sembrava questa canzone nel panorama delle canzoni che stavamo ascoltando prima di questa. Ma scusate, continuo a saltare i piani.
E poi, in questo Gran Finale, un finale ancora più bello.
Il cielo, quasi a voler festeggiare questa grandiosa rinascita, si dà da fare, s’impegna per dimostrare al nostro protagonista quant’è bella la vita, quant’è bello il “fuori” e allora gli fa un regalo, proprio un vero regalo dedicato a lui.
“Per fargli un regalo anche il cielo di colpo si aprì a serramanico”. Ovvero di scatto, come un coltello a serramanico. Di colpo, di botto, esattamente come può capitare a chi il cielo non lo vede da troppo tempo, esattamente come immaginiamo sia capitato a Dante quando uscì finalmente a riveder le stelle. Vedere il cielo che si apre così tutto insieme davanti a te, “come se spalancasse un sipario”. Il tutto torna a disvelarsi, il sipario si apre di nuovo, lo spettacolo della vita ricomincia.
Che espressione incredibile quella del cielo che si apre a serramanico, la più bella degli ultimi ottomila secoli, tipo. Vengono in mente quei libri per bambini che quando giri pagina si apre in tre dimensioni tutto il cartonato. Io lo immagino così il cielo che ti si apre davanti a serramanico. Tutto cartonato e pienissimo di stelle.
Che Maestro assoluto Samuele, quanto dobbiamo imparare tutti noi cantautori da lui.
Quanto c’è ancora da dire via canzone.
Quanto fa bene al cuore l’estro-verso di oggi.
Questo è Samuele Bersani, insomma.
Una lucciola in mezzo al blackout.
E questo è quello che voglio augurare a tutti noi.
Che accada presto di venire tutti insieme fuori da questo periodo orribile, di venire fuori da questa serie di giorni infelici.
E di venire fuori vestiti di bianco.
Il cielo, a quanto pare, saprà ripagarci.

Luigi Tenco – Mi sono innamorato di te (10/20)
