Ci piacciono sempre quei dischi dentro cui il binomio voce-produzione la dicono lunga sin dalle primissime battute. A prima vista diremmo niente di nuovo e in effetti non ci sono soluzioni che gridano al futuro e alla ricerca di nuove cose da dare alla canzone d’autore. Però questo nuovo disco di Francesco Dal Poz fa qualcosa che ormai manca da un po’: sfoggia personalità. La produzione firmata da Roberto Visentin è sicura, ferma nei suoni precisi, di un colore aperto e ricco di luce. Un suono che nel suo ricamo si appoggia anche ad arrangiamenti digitali spaziando dai grandi cliché a cose che sanno rendersi personali. Dalle “scariche” metalliche iper abusate che troviamo nella prima traccia “Ti amo lo stesso” fino al bel suono di drumming che sostiene tutto l’ultimo brano “Penso a te” anche primo singolo estratto dal disco.
Ma nel suono questo disco la dice lunghissima in ogni angolo di ascolto, nelle parti orchestrali come nei silenzi di pianoforte.
La voce di Dal Poz, dal registro normale ai falsetti, è sempre precisa. Belle le chiuse di “2106” – secondo estratto del disco, bella la forza con cui sa rendersi incisiva e convincente. Anche qui: ogni angolo di questo disco è foriero di belle sensazioni in tal senso.
Per il resto no: niente di nuovo. Mille format già sentiti e già rimpastati. Eppure c’è quel quid che davvero da ragione al titolo “UNO”: un disco solido, sincero, credibile e sicuramente “intero” nella sua essenza. È un disco di vita dunque un titolo simile, anche pensando a queste canzoni che parlano di quotidianità e di riflessioni su quel che il tempo ci fa scorrere addosso, rispecchia la ricerca di quel prendere consapevolezza di se. E da qui anche spiegata e ben misurata la copertina: uno in tutto e per tutto. Con se stessi, con gli altri… con il proprio suono.