Ivan Francesco Ballerini l’abbiamo sempre tanto conosciuto nei pochi anni precedenti dentro cui è letteralmente esploso il suo bisogno di venire alla luce con dischi personali di canzoni inedite. L’ha fatto con “Cavallo Pazzo” dedicandosi quasi totalmente alla storia dei nativi americani. L’ha fatto l’anno successivo (o quasi) con un lavoro pregiato dal titolo “Ancora libero” (che troviamo anche in una preziosa release in vinile anche in edizione limitata), disco che accoglieva un rapporto più empatico e vicino con la società quotidiana e le sue ferite. Ma oggi, a distanza davvero di poco tempo, la sua penna prolifera e affamata, segna un altro disco in porta, un goal che ci piace sottolineare con interesse per alcuni punti fermi. Esce “Racconti di mare. La via delle spezie” per la Long Digital Playing Srls di Luca Bonaffini (altra penna pregiata della nostra canzone d’autore) e Roberto Padovan.
La pulizia del suono, quella l’aveva sempre maturata sin dalla prima produzione e qui da ufficio citiamo come protagonisti: Alberto Checcacci, che ha curato gli arrangiamenti di numerosi brani, con cui il cantautore collabora dal suo esordio musicale, Alessandro Golini (al violino), Stefano Indino (alla fisarmonica), Alessandro Melani e Luca Trolli (alla batteria), Silvio Trotta (chitarra battente e mandolino), Giancarlo Capo, che ha curato gli arrangiamenti, la realizzazione e la direzione artistica di alcuni brani, Lisa Buralli (voce solista e cori). Ma è la voce che qui fa un salto in avanti nella maturazione, nella postura, nel modo di essere salda e credibili. C’è la calma che, nonostante tutto, nei dischi precedenti forse mancava. In brani come “Una manciata di parole” ma anche nelle scure pieghe della bellissima “Angoli dimenticati nelle vie del mondo”, Ballerini mostra un carattere e un’espressività fin dentro le chiuse (anzi soprattuto dentro le chiuse) che forse prima non aveva o comunque non sapeva ancora mostrare con una simile padronanza. Anche nello shuffle della (quasi) title track “La via delle spezie” del disco dove mostra un legame alle estetiche alla De André che sinceramente ci piacciono molto, senza farne il verso e senza imbarcarsi in inutili competizioni di stile. I cambi di tempo non sono neanche un’eccezione nonostante la tessitura pop sia assai convenzionale: cambi morbidi come dentro “Tifone” dove si rende preziosa una fisarmonica che colora di provenzale la narrazione… e questo è un altro punto fermo del disco che non è solo sporco di sabbia di mare e di racconti di porto, ma anche di scenari francesi a pastello. E la sua personale preghiera al futuro di ragazzo ne “I segreti del mondo” lascia in sottofondo il sapore di una chitarra elettrica (troppo italiana per richiamare i fasti psichedelici dei Floyd e una direzione esterofila al disco) che ci introduce alla bellissima “Cuore di tenebra”: un battere italiano macchiato di rock, noir notturno vestito di tabù che tanto richiama gli appartamenti oscuri alla Morandi e quello scenario metropolitano pizzicato di sale: che sia questo, dopo “Una manciata di parole” (presentata anche a Musicultura), uno dei brani più alti e meglio riusciti del disco.
La didascalia di Ivan Francesco Ballerini è sempre (forse) un piccolo neo che secondo noi un poco priva le liriche e questa voce calda di avventurarsi in allegorie più lontane dal quotidiano visto che la forza poetica e la maturità non mancano di certo per poterselo permettere. “Racconti di mare. La via delle spezie” resta indugiamo la prova migliore dell’artista toscano e, senza svelarlo troppo, vi invitiamo a scoprirlo: con dischi simili torna in auge quel modo poetico di pensare alla lirica pop d’autore italiana.
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