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Luca Amoroso: dalle parole al suono, dal mondo al perdono

Un disco come “Mondo perdona” concede spazi alle parole e al suono distopico

È un viaggio questo disco. Un viaggio che non si può confinare dentro un semplice articolo. C’è il tempo passato con la sua acida ma spiritualissima psichedelia. C’è l’introspezione che arriva dal sentirsi uno col tutto. C’è l’evasione e infine la colpa. Ci siamo tutti noi dentro questo disco di Luca Amoroso dal titolo “Mondo perdona” che in fondo si tira fuori dal mercato tradizionale, si tira fuori dalle luci di scena e dal quel certo modo di apparire. Non basta scriverne e in fondo non basta ascoltare. Per quanto l’immagine di copertina tradisca un certo approccio casalingo, per quanto il suono manifesti una volontà quotidiana, il cammino che c’è da fare prima di entrarci dentro è assai lungo e affascinante.

Le parole tornano protagoniste. In primis: che rapporto hai con le parole?
Ho sempre scritto poesie e creato doppi sensi sin da bambino in quello che scrivevo, quando ho cominciato ad imparare il greco ho iniziato anche a scrivere e a comporre in greco antico, mi affascina il mistero e quello che c’è dietro alle parole.

Tantissima intimità. Moltissimo la vedo nel suono e nella sua esecuzione… vero?
Si è vero. Quando suono in pubblico o sono nello studio per registrare, devo creare un’ atmosfera molto intima con me stesso per poter dare alle persone quelli che ho dentro.

Parliamo di produzione: la canzone d’autore torna ad una forma scarna dell’estetica… significa anche questo per te?
Mi piace vestirmi in maniera particolare e mi piace la moda, ma la musica è al centro di tutto. Non sono un modello, sebbene ci sia sempre per forza una immagine che rappresenta l’artista.

E poi la psichedelia, quel senso acido nel suono e nel metterlo in mostra. Radici antiche anche queste?
Si, è tutto collegato. Gli effetti storti sulle chitarre acustiche , sulle elettriche, sulle voci, sulla batteria, viene tutto dalla mia passione per il diverso, il peculiare, come il senso che si ha quando si legge “I Fiori Del Male” di Baudelaire oppure i racconti e le poesie scarne e vivide nella poetica di Bukowski, mio poeta preferito.

Oggi un disco simile, una parola simile… anacronistiche ma anche lontane dalle abitudini. Come ti ci rapporti?
La gente ascolta la musica che gli viene proposta, è molto passivo il mondo musicale: ti senti quello che ti becchi in giro o va di moda, ma non c’è qualità. La musica che faccio io è una musica creata per colpire le anime delle persone, non per colpire ripetutamente i timpani con gli stessi tre accordi di tutte le canzoni che ci vengono buttate addosso. È una musica che va cercata, per la sua forma e intensità.

Biografia di Redazione Bravo!

Bravonline nasce tra il 2003 e il 2004 frutto della collaborazione tra vari appassionati ed esperti di musica che hanno investito la loro conoscenza e il loro prezioso tempo al fine di far crescere questo magazine dedicato in particolar modo alla Canzone d’Autore italiana e alla buona musica in generale.

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