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Mimmo Locasciulli – Piano piano

 

 

 

 

 

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Dopo le ultime esperienze un po’ rockeggianti, con una considerevole partecipazione del folk e qualche felice comparsata di blues, Mimmo Locasciulli decide di andarci piano. Con i ritmi, con gli arrangiamenti e soprattutto con lo strumento. Il piano, infatti, è la voce protagonista di questo lavoro, tanto che pare suonato a quattro mani – e probabilmente, qualche volta è così davvero. Il risultato è un dondolare sinuoso su sonorità dolci e raffinate, che portano i testi delle canzoni all’orecchio di chi ascolta in maniera più attenta, intima, delicata. Certo, al primo ascolto per molti questo album soffrirà di monotonia. E ad esser sinceri, non è un pensiero tanto assurdo. Ma è proprio il piano preponderante – comunque sempre circondato dal contrabbasso del mitico Greg Cohen, strumenti a corde, a fiato, accordeon – la causa di questa impressione: si può criticare la scelta, ma sicuramente non la applicazione che è perfetta. Locasciulli si fa quasi sempre cantante d’amore, e la prima traccia manifesta in maniera splendida questa inclinazione: “C’è tempo / c’è ancora tempo / per ritrovarci qui”. Le voci sono spesso le voci di personaggi che si aggrappano all’amore e ad altri valori fuori moda, per non andare alla deriva. Così è anche per la voce di una toccante “Hotelsong” di Büne Huber, tradotta qui in italiano; o per un bel lavoro come “Olio sull’acqua” scritto insieme, tanto nella musica quanto nelle parole, a due ospiti illustri come Enrico Ruggeri e Francesco De Gregori, che lasciano una chiara impronta in versi come questi: “Come olio sull’acqua sarò per te / terra in fondo al mare / fiore in mezzo al sale”. Il fantasma di De Gregori veglia anche su “Lettere dalla riserva” che – probabilmente – cita nell’incipit musicale “Sempre e per sempre” del principe. Fin qui, comunque, Locasciulli sembra non distaccarsi troppo dal suo stile. In questo bel disco spicca davvero il volo quando si confronta con territori lievemente lontani. Intanto con “Vola vola vola”, scritta e cantata da lui in dialetto abruzzese, che sarebbe bello ascoltare da un interpete esperto; con “L’interpretazione dei sogni”, le cui parole poco hanno a che vedere con Sigmund Freud quanto più con Bob Dylan, stranamente accostate ad un jazz dall’atmosfera noir, sottolineata dalla tromba di Applebaum; con una notevole interpretazione di “Tu no” di Piero Ciampi, autore amatissimo da Locasciulli. Ma il pezzo che si stampa presto nella memoria è “Piano piano”, quello che dà il titolo all’album: l’amore non esiste quasi qui, c’è solo un uomo che ricorda la sua giovinezza, fatta anche di “una crescente benestante borghesia” e “della brutta polizia”; accanto al rimembrar un po’ malinconico, un accompagnamento musicale dolce-amaro piuttosto coinvolgente, che ricorda molto il Paolo Conte degli inizi. Dodici tracce in tutto – per un “prezzo politico”, inoltre – come poche se ne trovano nei dischi in hit parade.

Biografia di Antonio Piccolo

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