Facciamo che vi risparmio la pappardella sul fatto che “Nel blu dipinto di blu” sia considerata la canzone italiana più importante di tutti i tempi dato che è da quel 31 gennaio 1958 e da Domenico Modugno che spalanca le braccia sul palco di Sanremo che facciamo partire il calendario della canzone d’autore, o d’arte che dir si voglia. L’anno zero. Vi risparmio contesto, cause e concause, motivi e rivoluzioni. Facciamo che più o meno lo sappiamo tutti e ciccia.
Anche perché in fondo questa rubrica non è un Bignami, né un saggio, sono solo minuscole mie riflessioni sui versi più belli dei miei Grandi Maestri, quindi stavolta a mio insindacabile giudizio evito il taglio storiografico, dato che vorrei concentrarmi un minuto su un aspetto della vicenda narrata da questo testo (altra precisazione per chi si fosse messo in ascolto soltanto ora: la suddetta rubrica, contrariamente a tutte le mie convinzioni rispetto a come vada trattata la “lettura” o l’esegesi dell’opera canzone, salta a pie’ pari tutto il fatto musicale insito in un brano e ragiona esclusivamente sul fatto letterario, testuale. È sbagliato, lo so, è sbagliatissimo, ma infatti questa mini-rubrica non ha grandi pretese di divulgazione e poi la faccio gratis quindi ahò ma che davero davero? Il massimo che posso fare è condividere con voi qualche piccolo spunto su qualche verso di solo testo). Bon, disclaimer a parte e pappardelle scritte per evitare di scrivere altre pappardelle, vado al punto.
La vicenda contenuta nella canzone la sappiamo tutti, no?
Un uomo sogna di volare.
Tutto qua? E m’hai detto un piffero!
E poi non solo di volare, ma anche di dipingere se stesso di blu per mischiarsi ancora meglio col cielo.
Ed è stato detto di tutto su questo volo, sono stati chiamati in causa Freud e Chagall, fuga e sesso, liberazione e boom economico. Ma la parte di cui mi interessava ragionare è un’altra: ovvero la seconda.
Sì, perché la seconda parte non viene mai cantata in televisione, nei medley, nei Karaoke, nei pianobar e quindi nessuno se la ricorda mai, non viene mai raccontata, è sempre snobbata, ma essendo speculare alla prima è proprio importantissima. Anzi, questa è proprio una canzone in cui la prima parte dice A e la seconda dice NON A. Il ribaltamento totale è importante, anzi fondamentale.
Dopo il gran volo, dicono Modugno e Migliacci:
“Ma tutti i sogni nell’alba svaniscon perché
quando tramonta la luna li porta con sé”.
Eh, dico, sarà importante?
Il sogno si ferma.
Ma davvero di ferma?
Sì, a metà canzone. Il volo smette. E tutto sembra chiudersi malamente.
Eppure, colpo di scena, arriva l’ESTRO-VERSO di oggi.
Ovvero lui “continua” il sogno vivendo la realtà.
Wow!
Ma che davvero?
Sì!
E ti pare, pianobaristi, medleysti, che vi perdete proprio questa parte?
Il protagonista continua a sognare negli occhi di lei “che sono blu COME un cielo trapunto di stelle”. “Come”, capito? Non sta più volando. E nemmeno sta più sognando di volare. Sta vivendo la realtà.
Oddio poi quanto mi piace “trapunto”, ma tipo tantissimo. “Trapunto” è tipo la parola più bella del vocabolario intero. Vuol dire ricamato, trapuntato, cucito con lavoro di trapuntatura. Ah, che meraviglia ‘sto cielo tutto ricamato di stelle. Insomma ornato, puntellato, costellato, appunto. Trapunto. Ahhhhh che bellezza.
Ma trapunto non è il punto. Cioè, voglio dire: trapunto è il punto, ma non è il solo punto, insomma non era lì che volevo arrivare.
Volevo arrivare al fatto che il secondo ritornello (il secondo volo) è un volo metaforico.
Cioè lui dice le stesse parole, ma nel primo caso “volare oh oh” lo dice nel sogno, quindi lì è come se volesse davvero. Nel secondo caso lo dice solo in senso metaforico.
Dice “volo” come dicono i giovini d’oggi che mettono pure gli aeroplanini . Voloooo. Capito come facciamo NOI giovini d’oggi? Come Modugno.
Insomma, riassumendo: il primo volo è onirico, il secondo metaforico.
Capito che figata?
Eppure il ritornello SEMBRA uguale, ma in realtà nel secondo caso, siamo ad occhi aperti.
Tant’è (e qui è importante che leggano i cantanti che sbajano sempre) che nella seconda parte dice “Felice di stare QUAGGIÙ”, non più “lassù”!!!!
E nel finale lo ripete aggiungendo il mitico finalissimo “con te”.
Quindi cari cantanti che fate il medley e che ci tenete a chiudere con “con te” perché è la chiusura più importante di tutte le chiusure, non potete proprio farlo se cantate solo la prima parte. Perché “felice di stare LASSÙ con te” (che spesso ho ahimé sentito cantare) non è mai esistito, sta ragazza non vola, non era nel sogno, lei era la realtà, cazzo, non il sogno.
Quindi scegliete: se avete 1 minuto di tempo televisivo (è capitato anche a me…) DOVETE OPERARE UNA SCELTA: o cantate la famosissima prima parte O cantate il famosissimo finale “con te”.
TUTTEDDUE POTETE CANTARLI SOLO SE LA FATE TUTTA.
Oh.
Mi sono tolto un peso.
Ero trapunto di pesi.
E ora me li sono tolti.
“Con te” (ovvero: FINE).