Lucio Dalla – Anna e Marco (16/20)
Pensavo semplicemente che questo ESTRO-VERSO starebbe bene in ogni canzone. Provateci, basta che ci sia qualcosa di vagamente notturno, ci piazzi questo verso e sta bene (vabbè ovviamente non considerando la musica eh).
Ho preso una canzone a caso e la prima che mi è venuta in mente è “Sally” di Vasco.
Metti che fai
“Sally cammina per la strada, leggera,
Ormai è sera
Si accendono le luci dei lampioni
Tutta la gente corre a casa davanti alle televisioni.
E la luna è una palla
ed il cielo è un biliardo
quante stelle nei flipper
sono piu’ di un miliardo”.
Oppure mischiato con Fossati:
“È una notte in Italia che vedi
Questo darsi da fare
Questa musica leggera
Così leggera che ci fa sognare
Questo vento che sa di lontano
E che ci prende la testa
Il vino bevuto e pagato da soli
Alla nostra festa.
E la luna è una palla
ed il cielo è un biliardo
quante stelle nei flipper
sono piu’ di un miliardo”.
Vabbè per dire. Scusate. Volevo cazzeggiare.
Ma insomma però il punto è che sta bene ovunque. È bello, bellissimo. Notturno, notturnissimo.
ESTRO-VERSO storico anche oggi.
In una canzone perfetta in ogni sua parte.
Tutto perfetto.
Una delle più belle canzoni della storia.
E avrei davvero potuto scegliere QUALUNQUE verso di questo magnifico brano di quel genio di Lucio Dalla.
Ma questo ESTRO-VERSO mi piace ancora di più per quello che dicevo all’inizio.
Fate anche voi la prova, prendete una canzone qualunque e poi appiccicatele una variazione in cui il protagonista alza gli occhi al cielo e vede la luna piena così tonda da sembrare una palla da biliardo e il cielo così liscio e teso e perfetto da sembrare il panno verde e le stelle così luminose da sembrare le mille lucette di un flipper.
Starebbe bene ovunque.
Ma la figata è che in realtà non si sta descrivendo davvero la luna come una palla e il cielo come un biliardo.
Bensì viceversa.
Questo mi fa impazzire di questo ESTRO-VERSO.
Perché le metafore belle ok.
Ma le metafore perfette sono così.
Incastrate senza sbavature.
Non sono solo “belle”.
Ma sono parte del discorso.
Perché in realtà si sta descrivendo un bar di provincia. SIAMO in un bar di provincia.
Quindi, a rigor di logica si sarebbe dovuto scrivere: “e la palla da biliardo sembra una luna ed il panno sembra il cielo. Le lucine del flipper sembrano stelle”. Perché è questo ciò che si voleva dire.
Ma cambiando il punto di vista diventa geniale.
Perché forse c’è dentro un significato in più.
Ovvero l’universo (parola che uso non a caso) limitante della provincia, che poi è il vero tema della canzone.
La claustrofobia di un cielo che non è più grande di un biliardo.
Una vita stretta.
Chiusa dentro un bar.
Angusta, asfissiante, con una costante voglia di partire.
Bingo.
Si ribalta la metafora e tutto diventa meraviglioso.
T’immagini uno che guarda la luna.
E invece è uno che gioca a biliardo dentro una sala giochi.
Oppure è DAVVERO uno che guarda la luna, ma il suo mondo è talmente insistito su quel baretto e su quel biliardo da vederli dappertutto, anche in cielo.
Credo che non ci sia un modo più geniale di descrivere QUELLA specifica claustrofobia, QUELLA specifica vita ripetuta.
E insomma questo verso starebbe bene ovunque per quanto è bello.
E invece no. Manco per niente.
Sta bene proprio qui.
C’è dentro tutto l’universo immobile di Anna e Marco, incancrenito, impantanato in quella provincia: “poca vita, sempre quella”.
Salvo poi, ogni fine settimana, trovare una moto, sognare, scappare, ballare, scambiarsi la pelle (che spettacolo pure “si scambiano la pelle”), volare, finalmente evadere. Cercare “la strada per le stelle”.
Andare FINO alla città somiglia ad andare in America.
“Ma l’America è lontana”, purtroppo.
Il grande sogno di evasione s’infrange con la realtà.
Finito il ballo, finita la festa, anche la città sembra angusta, stretta, asfissiante, claustrofobica.
Tant’è che la luna scende anche lei dal sogno alla realtà, letteralmente “cade per strada”. E Dalla ci fa vedere una “luna che cammina” e stavolta però è la “luna di città”, non ci sono sconti per nessun luogo.
Praticamente l’opposto di “Nel blu dipinto di blu” della nostra puntata precedente.
Modugno vola.
E poi torna nella realtà, realtà che però è ancora più bella del volo.
Anna e Marco, invece, scoprono di non saper volare.
E poi tornano nella realtà che appare nuovamente misera.
Non era poi l’America, questo viaggio in città. Era solo un altro, ennesimo, sabato sera.
Dopo il quale torna il bar, il biliardo, il flipper di sempre.
Ma fortunatamente Dalla ci fa respirare all’ultimissima riga.
All’ultimissima immagine, in cui Anna e Marco tornano daccapo alla solita routine, sì, ma tenendosi per mano, SALVANDOSI l’un l’altro.
E cos’è l’amore se non la salvezza da tutto il grigiore?
Che belli che sono Anna e Marco.
E che bello, Dalla.