PRIMA SERATA:
La serata si apre come consuetudine con “Lontano lontano” di Luigi Tenco e l’onore di aprire questa edizione 2010 è lasciata a Renzo Arbore, che dopo questa cover d’autore omaggia Natalino Otto per approdare alle sue canzoni con la consapevolezza dei propri limiti, scherzando, infatti, dice “Cosa potreste aspettarvi da uno che ha scritto Lo diceva Neruda che di giorno si suda / rispondeva Picasso, io di giorno mi scasso e il clarinetto jazz per fare qualche pezz, per fare un po’ filù filù filù filà”, sottolinea che essere al Tenco tempio della canzone d’autore è per lui un onore e appare evidentemente emozionato.
A salire sul palco, seduta al pianoforte, è poi la giovanissima artista Carlot-ta, ha appena venti anni ma ha una voce strepitosa e sa dominare con naturale padronanza il pianoforte, ha la passione di musicare poesie di poeti inglesi. Qui propone un testo di Emily Dickinson intitolato “Make me a picture of the sun” che darà il titolo del suo imminente disco d’esordio, un pezzo suo meno convincente anche a livello vocale e chiude il set con una canzone di Edith Piaf, un vero azzardo alla sua età ma non delude, penso che ne sentiremo parlare sicuramente.
È il momento di Giancarlo Onorato, chiamato a proporre il suo nuovo disco “Sangue bianco”, è davvero difficile riprodurre dal vivo le atmosfere ricercate ed evocative della sua nuova fatica discografica e si avverte, lui suona la chitarra elettrica molto bene e si fa accompagnare da ottimi musicisti però cogliere la bellezza e l’intensità del suo nuovo lavoro all’interno di una serata così eterogenea resta operazione molto ardua, la sua musica merita sicuramente un ascolto più prolungato e attento.
Ecco dunque Mimmo Epifani e la sua mandola, Mimmo è un personaggio curioso che ci racconta di avere imparato a suonare il suo strumento in una barberia, da ragazzo, e di averla sempre suonata a orecchio, ma che orecchio, qui propone un repertorio classico attingendo dall’immenso patrimonio di Matteo Salvatore ed è accompagnato sul palco da uno strepitoso Fausto Mesolella che suona una chitarra acustica, pizzicandola, battendola, arpeggiando e con i pedali riesce anche a trasformarla in elettrica con mostruosa bravura.
A seguire Morgan, l’eterno ragazzo, si presenta sul palco con il solo pianoforte che questa volta strapazza in un repertorio che passa da Tenco a Ciampi, con notevole eclettismo, arriva anche a pizzicare le corde del pianoforte e a utilizzare un carillon inserito nella cassa armonica del pianoforte alla stessa maniera di Thelonious Monk, nella sua performance si fondono canzone d’autore e musica classica, ma la sua voce mi sembra in calo, più sciupata del solito e alla fine l’impressione è di molto fumo e poco arrosto.
Ecco ora sul palco un’altra novità per il Tenco, si tratta degli Amor Fou, prima di presentare alcuni pezzi dal loro disco “I moralisti” ci tengono a rilevare, come già fatto nella conferenza stampa di pranzo, il fatto di essere nuovi a questa esperienza e di voler fare “pop d’inchiesta” alla maniera dei film di Germi, Rosi e altri importanti registi di quegli anni, suonano in maniera pulita e corretta, direi senza infamia e senza lode.
A chiudere la serata è Nada, accompagnata per l’occasione ancora da Fausto Mesolella, vero protagonista in positivo della serata e chiamato da Antonio Silva, a ragione, “Orchestra Fausto Mesolella”, davvero meritevole del Premio “I suoni delle parole” come miglior musicista dell’anno, poi consegnatogli in terza serata. Nada esegue per questa edizione due canzoni di Ciampi “Come faceva freddo” e “Sul porto di Livorno” più due sue canzoni e dimostra una volta di più la sua bravura e la sua presenza scenica, Nada un nome, una garanzia.
SECONDA SERATA
La seconda serata si apre con un altro dei figli adottivi del Tenco, cioè Samuele Bersani, ormai ingrigito nei capelli non ha però perso smalto e ironia, esegue bene pezzi dal suo ultimo lavoro “Manifesto abusivo” terminato tra i finalisti per il miglior album, anche se l’impressione generale è di una certa piattezza e uniformità dal punto di vista musicale, tanto che a restarmi in mente è solo l’intensa ed efficace versione solo voce e pianoforte di “Replay” e forse non è buon segno.
Archiviato Bersani è ora di far conoscenza con Brunori Sas (curioso il nome che prende origine dalla ditta del padre), che riceve il Premio Siae/ Club Tenco 2010, il suo modo di concepire la canzone d’autore è molto ironico e rivolto al passato, pieno di nostalgia e Dario Brunori sebbene infortunatosi a una mano proprio la mattina dell’esibizione regge bene il palco insieme al suo gruppo, il pregio delle sue canzoni è di unire intelligenza a una gradevolezza immediata.
A salire dopo di lui sul palco è un altro esordiente che risponde al nome di Zibba, il ragazzo ha voce scura, forte roca, ci presenta canzoni del suo sorprendente “Una cura per il freddo” e riesce subito ad attirarsi i favori del pubblico non solo per le proprie origini liguri (è di Varazze), ma per il fascino delle sue musiche unito a testi interessanti, tra le canzoni proposte ricordo “Una parola illumina” nata, come ha spiegato prima di cantarla, dall’aver intravisto una sera in un locale Manuel Agnelli e Nicolò Fabi. Segno che, a saperci fare, basta poco per scrivere un bel pezzo.
Ecco la prima Targa Tenco della serata, è quella per il miglior disco in dialetto e a riceverla è il calabrese Peppe Voltarelli, fondatore del gruppo calabrese Il parto delle nuvole pesanti e poi artefice di una carriera solista, dopo il buon esordio di “Distratto ma però” giunge con “Ultima notte a Malàstrana” a una larga e meritata vittoria, la sua esibizione è carica di energia e del calore tipico del sud, un sud riabilitato, non passivo di fronte a mafia e delinquenza ma capace di alzare fiero la testa. E’ accolto dal pubblico con grande entusiasmo.
Giunge così il momento più atteso della serata, quello che prevede l’assegnazione della Targa Tenco per il migliore album dell’anno, a vincerlo è per la prima volta una donna Carmen Consoli con l’album “Elettra” che riceve la targa da un’altra donna Lucia Carenini di Bielle, un sito musicale che si è dedicato dalla sua nascita a oggi, anima e corpo alla canzone d’autore. E’ emozionante l’attimo della consegna e ancor di più l’esibizione di Carmen che dopo aver cantato la canzone- atto di denuncia contro le violenze sessuali intitolata “Mio Zio” raggiunge il culmine con l’impeccabile esecuzione del brano dialettale “A finestra”. Applauditissima.
Il livello artistico non cala certo quando a salire sul palco, è Mirco Menna, artista bolognese di origine sicula, che ci propone un repertorio tra l’ironico e il sarcastico, portando con sé anche una parte, non tutta ovviamente, di quella Banda di Avola con cui ha condiviso l’ultima sua fatica discografica “E l’italiano ride”. Questi giovani musicisti entrano in scena con fiati e tamburo passando attraverso il pubblico sanremese prima di salire sul palco ed è spettacolo nello spettacolo, poi Menna propone alcuni bei pezzi proprio da questo suo ultimo disco e il pubblico dimostra di gradire divertito.
Prima di lasciar terminare la serata agli Avion Travel, è il momento di premiare un assoluto protagonista di questo Tenco 2010, ossia Fausto Mesolella che con la propria chitarra ha strabiliato il pubblico dell’Ariston sin dalla sera precedente, è lui il vincitore del Premio “I suoni delle parole” nato come riconoscimento al migliore musicista. Poi a esibirsi sono proprio loro, gli Avion Travel vincitori della Targa Tenco come migliori interpreti per il loro disco “Nino Rota – L’amico magico” che ha visto all’opera ancora Fausto Mesolella nella duplice veste di produttore artistico nonché realizzatore degli splendidi arrangiamenti. Indimenticabile il loro finale con l’esecuzione della canzone che hanno scritto per Fiorella Mannoia, “Se veramente Dio esisti” scartata dal Festival di Sanremo e qui eseguita solo voce (Peppe Servillo) e pianoforte (Fausto Mesolella).
TERZA SERATA
Si apre con un “pianoforte da concerto dal suono avuto dal mistero un pianoforte a coda lunga, nero” come avrebbe cantato Paolo Conte, un pianoforte a centro palco e lui, Vinicio Capossela in giacca bianca, a ripercorrere alcuni dei brani presenti nel suo primo disco “All’una e trentacinque circa” realizzato grazie all’incontro con Francesco Guccini e da Renzo Fantini, recentemente scomparso e poi suo produttore, come lo è stato dello stesso Guccini e del già citato Conte. Chiuso il set, visibilmente commosso, Capossela inizia una delle più belle orazioni funebri di sempre, scritta per ricordare la morte di Fantini, è davvero difficile riprendere dopo questo toccante racconto ma si rimette al pianoforte e propone uno dei brani che finirà nel prossimo disco, s’intitola “Sirene” un pezzo delicatissimo, evocativo, quasi evanescente, il suo viso al termine del brano è rigato di lacrime e abbandona così commosso il palco.
C’è bisogno di qualcuno che scuota il pubblico e ci pensa Enzo Del Re, il vecchio cantastorie, come s’è definito nella conferenza stampa di mezzogiorno perché dice “i cantautori sono un fatto commerciale”, vestito con cappellino, camicia, scarpe e borsello rossi, armato solo della sua voce e di una sedia utilizzata come fosse un cajon, ci canta della sua Puglia, del lavoro, della fatica che deriva dal lavoro, cantando appunto “Lavorare con lentezza”, una risposta di molti anni fa a chi oggi incita a una produzione sempre più esasperata con un sempre maggiore sfruttamento dei lavoratori. Riesce a trascinare il pubblico.
E’ invece da dimenticare l’esibizione di Marco Fabi, già salire sul palco dopo Enzo Del Re, sarebbe un’impresa per chiunque, ma la sua esibizione è davvero imbarazzante, se da un certo punto di vista la sua presenza avrebbe potuto segnare una ventata di melodia, che a dire il vero non guasterebbe a molti cantautori spesso poco abili sotto quest’aspetto, però i suoi testi sono da dimenticare e quel che è peggiore è che neppure le canzoni nel loro complesso, seppure melodiche, lascino traccia di sé … ma perché è stato invitato?
Da archiviare senza particolare sussulti, almeno per il sottoscritto, le due presenze straniere, entrambe premiate dal Tenco, parlo dell’irlandese Paul Brady e del cantante e chitarrista spagnolo Amancio Prada, la lingua straniera certamente non mi aiuta nel giudicare le loro performance, però a mancare sono secondo me soprattutto la presenza scenica o carisma che dir si voglia, forse meglio tra i due, da questo punto di vista, lo spagnolo.
Si ritorna a giocare in casa, è il momento di Piero Sidoti, vincitore della Targa Tenco per la migliore opera prima con “Genteinattesa”, con lui sul palco Nicola Negrini al contrabbasso, Claudio Giusto alla batteria, Antonio Marangolo (produttore e arrangiatore del disco) al sax e un altrettanto grande interprete, l’attore e amico d’infanzia, Giuseppe Battiston, qui nell’insolita veste di cantante. Nel breve set, Sidoti ci presenta una piccola carrellata di questi personaggi in attesa quanto inattesi, proprio perché personaggi senza peso, relegati ai margini della società proprio come “Lo scemo del villaggio” interpretato in maniera magistrale da Battiston.
È giunto il momento di chiudere, a essere chiamato sul palco per l’ultimo Premio Tenco della serata è Roberto “Freak” Antoni, già visto e rivisto durante il corso delle tre serate in veste di tappabuchi durante i cambi set, nelle mani il suo dizionario demenziale e capace di divertire i molti presenti in sala, subito dopo la premiazione si unisce a “Quello che non nominerò per non cadere nel solito becero messaggio promozionale subliminale, comunque gli Skiantos” e con loro ripercorre la loro lunga carriera proponendo anche “Mi piaccion le sbarbine” che prima di eseguire, precisa, essere l’unico elemento che li accomuni con il nostro Presidente del Consiglio. E’ un gran finale, apprezzato dal pubblico.
Alla fine anche questo 2010 ha avuto la sua edizione del Tenco, s’è rischiato molto di non riuscire a realizzare nulla e la paura di una fine imminente è stata per il momento scongiurata, occorrerà però muoversi per tempo in vista dell’edizione 2011 per non farsi cogliere impreparati, per non ridursi a metter su un cast solo all’ultimo momento (la scaletta di questa edizione 2010 è stata secondo me molto disomogenea forse proprio per la fretta) e per evitare anche contestazioni nelle singole assegnazioni di premi com’è avvenuto in parte quest’anno.