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Marco Ambrosi: ragionando sul suo romanzo “Lo Strappo”

Abbiamo letto per voi il nuovo romanzo di Marco Ambrosi: la recensione di Edoardo Nespeca

Parliamo del nuovo romanzo di Marco Ambrosi, chitarrista in forza alla formazione kombat folk dei Nuju. Si intitola “Lo Strappo”, edito da Iride (Gruppo Rubbettino).

Recensione a cura di Edoardo Nespeca

“Do you recall what was the feel / the day that music died?”
“American Pie” – Don McLean (1971)

Trova sempre il suo principio lì, in quel preciso momento in cui la Musica posa la sua impalpabile mano sul vostro capo. Riuscite a ricordarlo ancora? Qualsiasi tentativo di spiegare la “scarica” emotiva appena generata dall’ascolto appariva, perlomeno in chi scrive, un vano sforzo di trasmettere a terzi la stessa sensazione, un cercare di leggere nel loro volto la medesima espressione che aveva appena solcato il vostro. Per il protagonista di questo romanzo, Tommaso, la folgorazione (beh, lui la definisce piuttosto «uno schiaffo in piena faccia») si potrebbe forse ricondurre al suo primo concerto live, durante il tour “El diablo” dei Litfiba: era dunque vero che il rock esisteva anche in Italia? Era quindi possibile trasmettere una tale quantità di adrenalina nel pubblico, che non soltanto si trovava lì per te, ma conosceva a memoria i tuoi versi e te li restituiva a perdifiato? Dinanzi a tali questioni, in uno slancio di esuberante impudenza, Tommaso risponde istantaneamente che il banco di prova consisterà nella sua stessa esistenza, di fatto votandosi anima e corpo a quella seducente Musa.

“Lo strappo” di Marco Ambrosi idealmente sviluppa e allo stesso tempo si differenzia rispetto a “Vincere perdendo” (Leonida edizioni, 2022), il romanzo da cui prende le mosse e che costituisce l’esordio letterario dell’autore; ci riesce assurgendo ad un punto di vista più maturo, collocandosi in un’età e un’epoca diverse dalla precedente, tramite una prosa che mantiene il pregio della scorrevolezza e un registro che resta sì colloquiale, ma che trova qui nuove sfumature dai toni più accesi. Se poi, in quello, le note facevano da sfondo e accompagnavano le vicende dei protagonisti, tutti sportivamente protesi verso la vittoria del campionato, stavolta è proprio lei, la musica, il cardine attorno cui si innerva e si dipana tutta la trama. Ciò risulta evidente già dalla suddivisione in capitoli, la cui nomenclatura è definita dai brani che hanno in qualche modo segnato la vita del protagonista, e che molti appassionati di musica d’autore hanno avuto modo di apprezzare in diversi momenti della propria “strada”.
Perciò, sia che abbiate già letto “Vincere perdendo” (e quindi siate stati avvicendati nel fermento calcistico della Montalbano Calabro nel biennio ‘92/’93), sia che ancora non l’abbiate fatto, questo romanzo mette in luce il percorso di formazione personale del portiere (Tommy, per l’appunto) di quella giovane squadra, un ragazzo della provincia di Vibo Valentia che sogna la propria affermazione nel panorama della musica indipendente della Penisola (sono presenti dei riferimenti ai fatti precedenti ma, come già accennato, i due testi possono essere anche letti come indipendenti l’uno dall’altro). Al suo interno, durante un arco temporale molto esteso, che parte dall’adolescenza e si spinge oltre la piena maturità, Tommaso ha modo di fronteggiare le numerose sfide della sua vita, parlando al contempo al vissuto di ciascuno di noi, in quanto tali avversità si possono ricondurre alle tappe principali che, giocoforza, dobbiamo affrontare per giungere ad un’esistenza davvero consapevole. Va precisato: Tommy (che in questo romanzo racconta in prima persona, attraverso l’espediente del memoir) non vuole considerarsi affatto un modello da seguire, è ben consapevole di poter sbagliare, ma sbaglia di testa sua; come nelle dodici fatiche di Ercole, dovrà fare i conti con l’arroganza tipica della gioventù (e la sua smodata fame di successo), con chi vorrà mettergli i bastoni fra le ruote, con le divergenze all’interno della sua band, i RadioKarma, e molte insidie ancora. E se la grandezza dell’individuo si misura anche nel modo di accogliere la propria fallibilità, egli dovrà mettere in conto numerose “scottature”, occasioni professionali sprecate o mancate, delusioni nei rapporti interpersonali, patimenti amorosi.

Nel libro trovano inoltre ampia trattazione vari temi che rispecchiano i pensieri dei
protagonisti sulla realtà circostante. Alcuni di questi paragrafi, in cui le frenetiche vicende
di Tommy subiscono momentaneamente un arresto, sono sintomo di una crescita interiore,
di un percorso che egli va intraprendendo, sono forieri dell’uomo che diventerà in futuro. Vi
è ad esempio una stimolante riflessione sulle piccole etichette indipendenti, che quasi
sempre annaspano per farsi conoscere perché prive degli appoggi che invece
contraddistinguono le major, ma proprio per questo affrancate da vincoli commerciali e
logiche di profitto che spesso fanno confezionare prodotti più scadenti, perché devono per
l’appunto allargarsi fino ad abbracciare un pubblico più ampio possibile, sacrificando
inevitabilmente la forza del messaggio. Per tali ragioni, non è così raro scovare tra le loro fila
dei piccoli gioielli, delle realtà marginali ma alternative.
Resta interessante notare come pure in questo secondo romanzo il ruolo dei docenti
scolastici si riveli spesso decisivo, attraverso la loro benevola “intercessione”, nel riuscire a
imprimere una piccola rivoluzione nella staticità dell’animo titubante: se in Vincere
perdendo il Professore (uno dei vertici della Santissima trinità) esortava i ragazzi a
perseguire i propri sogni, qui Franco, insegnante di Lettere, “spaccia” a Tommy compilation
di band indipendenti che si riveleranno importanti per il suo avvenire. Ancora una volta
l’autore sembra suggerirci che, se mosso dalla passione, l’educatore può incidere
profondamente sulle aspirazioni dei propri discenti. Infine, come si evincerà durante la lettura, il narratore sarà prima o poi costretto ad analizzare e interrogarsi sul rapporto tra talento e successo, nonché sul significato che quest’ultimo può assumere nel complesso di un’esistenza ricolma di scelte che escludono infinite altre possibilità (come sosteneva il filosofo danese Kierkegaard).
Tuttavia, anche quando una certa situazione gli si presenta come una parete sconnessa, su cui non sembrano apparentemente scorgersi appigli in cui innestare la propria piccozza, egli affronta il presente aggrappato all’unico sostegno che riconosce intrinsecamente suo, e di cui sente un viscerale bisogno: le note della sua chitarra, accompagnate dalla sua voce. In effetti, come il suonatore Jones di Faber, anch’egli potrebbe sospirare: «sentivo la mia terra vibrare di suoni / era il mio cuore». Di certo c’è che, in Tommy, la musica scorre davvero come «il tuono fragoroso che prelude il temporale». Al lettore resta il piacere di scoprire, pagina dopo pagina, se la strenua fedeltà verso questa attitudine lo premierà nel tempo. E in caso affermativo, a vostro avviso, in cosa consisterà davvero la sua “ricompensa”?

“Like the north wind whistlin’ down the sky I’ve got a song, I’ve got a song
Like the whippoorwill and the baby’s cry I’ve got a song, I’ve got a song
And I carry it with me and I sing it loud If it gets me nowhere, I’ll go there proud”

“I got a name” – Jim Croce (1973)

Biografia di Redazione Bravo!

Bravonline nasce tra il 2003 e il 2004 frutto della collaborazione tra vari appassionati ed esperti di musica che hanno investito la loro conoscenza e il loro prezioso tempo al fine di far crescere questo magazine dedicato in particolar modo alla Canzone d’Autore italiana e alla buona musica in generale.

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