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Serge Reggiani – parlare è un po’ cantare

Tutti possono in qualche modo cantare. Tutti dovrebbero farlo. Con questo non intendo dire che tutti debbano cantare in pubblico. Ci mancherebbe. Ma cantare fa bene. Nella nostra cultura però, si dà sì per scontato che tutti debbano parlare; tutti lo sanno fare e, certo, come è naturale, alcuni lo fanno meglio di altri; ma nessuno è tenuto a saper cantare. Può incuriosirvi sapere che nella società dei Venda in Sud Africa, tutti gli appartenenti alla tribù, per essere degni di esserlo, devono saper cantare. E naturalmente, alcuni lo fanno meglio di altri. L’importante però è farlo. Si può d’altronde cantare o canterellare anche in luoghi in cui siamo sicuri di non disturbare nessuno. La doccia, come tutti sanno, è da questo punto di vista un luogo privilegiato. Forse, se non vivessimo ormai in una società musicalizzata, che ci costringe a compiere le nostre azioni quotidiane come se fossimo gli attori di un film, con una colonna sonora che ci accompagna costantemente, che non ci abbandona mai, se questa ossessiva invadenza della musica nella nostra vita cessasse all’improvviso, forse riprenderemmo a canticchiare come usavano spesso i nostri genitori e i nostri nonni.
Ecco allora, formulata questa pretenziosa premessa, dal tono anche un po’ omiletico, vi domanderete dove io voglia andare a parare. Non credo proprio che riuscireste a indovinarlo, e non intendo con ciò far torto alla vostra immaginazione. Il bersaglio a cui miro è infatti, almeno apparentemente, parecchio lontano dal mio punto di partenza. Sto infatti per presentarvi canzoni proposte dall’attore-cantante Serge Reggiani. Subito vi propongo una sua canzone L’italien. Dopo di che, avrò un bel po’ da spiegare per evitare l’impressione che parli a vanvera.

Serge Reggiani - L’italien
Serge Reggiani - L’italien

Serge Reggiani, scomparso recentemente, nel 2004, era un attore che a un certo punto della sua vita iniziò a cantare in quella tradizione degli chansonnier francesi, all’interno della quale la demarcazione tra parlare e cantare non è del tutto netta. In qualche caso, infatti, lo chansonnier diventa quello che in Italia si diveva una volta un “fine dicitore”. Il fine dicitore era colui che leggeva testi di canzoni come fossero versi o prosa, intonando la voce a seconda della musicalità della parola e non quella della melodia. Vi racconto questo per spiegare come tra parlare e cantare ci siano dei rapporti stretti e, a volte, anche delle situazioni intermedie. Il canto, in numerose culture dell’Africa centrale, è considerato un modo enfatico di parlare. Se questo è vero, che parlare e cantare hanno molto in comune, allora ci appare comprensibile che un attore come Serge Reggiani, scelga di fare anche lo chansonnier e di cantare, non come farebbe Pavarotti, con una voce educata a proiettarsi in un largo spazio, senza nemmeno l’aiuto dei microfoni. Serge Reggiani canta con la sua voce naturale, dando alle parole l’accento che avrebbero se stesse recitando – e in un certo senso sta recitando.

Serge Reggiani - Il suffirait de presque rien
Serge Reggiani - Il suffirait de presque rien

Serge Reggiani era nato nel 1922 à Reggio Emila. Suo padre, antifascista, scappò in Francia nel 1930, portandosi dietro la moglie e il figlio Sergio il quale, dopo avere fatto numerosi mestieri, a un certo punto divenne attore. Serge Reggiani fa dunque parte, come Yves Montand, di quella generazione di italiani emigrati in Francia durante la prima parte del secolo scorso. Cresciuti nell’atmosfera del Quartiere Latino degli anni ’50, riuscirono ad assorbire e poi ad esprimere lo spirito francese al punto da diventare degli idoli del pubblico e perfino rappresentanti e ambasciatori della Francia nel mondo. In aggiunta, potrei osservare, e sottolineo così ancora una volta come parlare e cantare siano attività strettamente imparentate, cosa che spesso dimentichiamo, che mentre Serge Reggiani divenne prima attore e poi chansonnier, a Yves Montand capitò esattamente il percorso contrario, fu dapprima grande chansonnier e poi attore.

Les loups sont entrée dans Paris.
Les loups sont entrée dans Paris.

Proprio così: parlare è un po’ cantare e cantare è un po’ parlare. Mi pare del resto indicativo il fatto che frequentemente gli attori diventano cantanti, anche se a volte solo occasionalmente, e i cantanti diventano attori. Sbagliano i ragazzi quando, se per caso fanno l’esperienza del melodramma, dell’opera lirica, e dicono che è una cosa innaturale che sul palcoscenico i personaggi cantino invece di parlare. Sbagliano perché quando loro ascoltano i Rolling Stones, gli U2 o Phil Collins, vedono esattamente la stessa cosa: uomini che rappresentano un personaggio, il quale esprime idee, sentimenti o anche racconta storie e lo fa…cantando. Il canto si può ben considerare, lo dicevo che avviene in numerose culture centro-africane, una forma enfatica di discorso.

Da questo punto di vista noi occidentali siamo sviati dal fatto che, per molto tempo, in Europa l’ideale del canto era incarnato da quello operistico, che si basa su di una impostazione di voce particolare che mira sì, da un lato, ad ampliarne l’estensione, ma anche a renderla potente e udibile in un intero teatro. Sulla base di quel termine di riferimento si diceva una volta che un aspirante cantante, anche in ambito leggero, aveva o non aveva una “bella voce”. Ma il canto lirico è in fondo, le sue origini lo spiegano, una forma esagerata di canto, un canto amplificato per epoche in cui l’amplificazione elettronica non esisteva ancora. L’ideale della lirica di fatto escluderebbe dalle attività canore il 99,9% di tutti coloro che su questo pianeta cantano, provandoci gusto e, spesso, anche con grande gradimento di chi li ascolta. Io sono certamente ben contento che Serge Reggiani non faccia sfoggio di una voce tenorile. Immaginate voi cosa ne verrebbe fuori!

Serge Reggiani
Serge Reggiani

Tanti anni fa il comico Ettore Petrolini scrisse una canzone intitolata Tanto pe’ canta’ in cui aggiungeva “che se pò cantà puro senza voce, basta la salute.” Questa è l’idea di quel canto di cui ogni essere umano ha bisogno. Sulla stessa corda, anni dopo, Teddy Reno proponeva una Piccolissima serenata che “con un fil di voce si può cantar”. In tempi più recenti Toto Cotugno aggiungeva il suo “Lasciatemi cantare con la chitarra in mano, lasciatemi cantare una canzone piano piano.” E’ quello che forse dovremmo dire tutti: lasciateci cantare, parlare, e l’una e l’altra cosa insieme, nel momento e nella misura in cui ci viene spontaneo. Proprio come fa Serge Reggiani in molte sue canzoni, come in Le souffleur, in cui parte dal parlato, e poi col crescere dell’enfasi inizia a cantare. Lasciamolo fare, è così bello dimenticare questa divisione mentale che separa due modi di espressione che sono per noi essere umani egualmente spontanei.

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Biografia di Redazione Bravo!

Bravonline nasce tra il 2003 e il 2004 frutto della collaborazione tra vari appassionati ed esperti di musica che hanno investito la loro conoscenza e il loro prezioso tempo al fine di far crescere questo magazine dedicato in particolar modo alla Canzone d’Autore italiana e alla buona musica in generale.

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