La parola. Andrea Mirò l’ha sempre sagomata in quel filo sottile che divide il quotidiano dall’astrazione, il concreto dal concetto raffinato nei modi e nelle forme. È sempre stata popolare anche quando ha saputo restituire a tutti quel certo modo di pensare ad una soluzione meno scontata. Un equilibrio e non uno schema. E continua a farlo come indica anche questo titolo: “Camere con vista”, dalla potenza visionaria che ci rende tangibile il mondo e la vita, ad ognuno il suo. E tutto questo prende forma lungo tutta la tracklist di questo disco che dagli esordi ad oggi sfoglia 38 brani di una carriera lunga almeno 23 anni. La pandemia ha soltanto rimandato un compleanno così importante.
La parola. Dopo 23 anni di carriera, come pensi sia cambiata la parola per te? Come strumento e anche come suono…
È molto cambiata, anche perché negli anni sono cambiata io e la mia visione del mondo; man mano per esempio mi sono sempre meno interessate le rime, che spesso avevo già spostato, ma anche la scelta di certi termini, o anche il gusto di dire tutto o di lasciare aperta un’interpretazione… diciamo che sono partita una ventina d’anni fa con un approccio classico alla parola e negli anni ho cercato una cifra più personale – anche nelle tematiche – senza lasciarmi coinvolgere dalle mode ( che è un po’ quello che ho cercato di fare anche nella composizione musicale )
E il testo italiano è sempre una sfida, è molto complesso e variegato da far suonare quando vuoi addentrarti in territori meno battuti.
Questo disco ne da una dimensione? Oppure dimostra sfacciatamente l’evoluzione (anzi il cambiamento) della forma canzone?
Credo che la tracklist sia esaustiva da questo punto di vista, nel tempo mi sono slegata dalla classica forma canzone, perlomeno quando ne ho sentito il bisogno, e penso che ciò sia un valore aggiunto: semplicemente le canzoni possono avere le forme che sono più consone a ciò che vogliamo dire relativamente alla musica che le fa suonare. Ci sono molti brani ( come per esempio “Faust” ) che sono nati esattamente così, senza che fosse una scelta a tavolino.
Il mio obiettivo alla fine è l’equilibrio, non uno schema.
Teatro e canzone: due mondi che inevitabilmente finisco sempre per comunicare. Nella tua vita questo incontro a cosa ha portato?
Una più grande sicurezza dei miei mezzi espressivi, un modo più cosciente di utilizzare la mia voce, un miglior comfort sulla scena. Anche scoprire quanto sia una dimensione che mi appartiene.
E se posso: ha un senso e una ragione questa grafica in bianco e nero?
La grafica riprende una foto in bianco e nero di un disco precedente: la scelta “disegnata” è stata piuttosto naturale perché rende bene il senso della raccolta – di qualcosa cioè di preesistente – proposto sotto una luce “altra”. E il fumetto ha la caratteristica di poter essere letto anche fuori dalla realtà inserita in un preciso momento storico, non è una foto, è atemporale.
A questo disco, Andrea Mirò che responsabilità affida?
Quella di riuscire a essere un piccolo sunto di ciò che mi caratterizza nel lavoro che faccio, un materiale da scoprire per chi ancora non mi conosce.