Per fare un’analisi appropriata dovremmo rimettere su i dischi di quei DECIBEL di Enrico Ruggeri che dal super collezionato “Punk” arrivano sino ad oggi con la reunion e i dischi di pochi anni fa. E dentro questi dischi di Silvio Capeccia, di quel punk innovativo per noi italiani che vivevamo la fine degli anni ’70, resta la scrittura allegorica e l’atmosfera sovversiva nonostante il suono sia soltanto quello di un pianoforte. Esatto, proprio così: il punk italiano dei Decibel restituito soltanto all’esecuzione di un piano solo. Silvio Capeccia, fondatore storico della band, oggi rilegge i loro stessi brani e li trasforma restituendoci i grandi successi in una forma classica, di un classico contemporaneo, di un contemporaneo che nonostante tutto sa di moderno. Eccovi “Silvio Capeccia plays Decibel”.
E questo pianoforte che si concede anche la morbidezza di lunghi sustain, raramente si appoggia senza pensare troppo alla metrica che invece, per il punk rock anni ’80, era sostenuta e non lasciava troppo spazio ai respiri. E se avete ben digerito quelle scritture beh allora provate questo viaggio racchiuso dentro due dischi (ad Aprile di quest’anno l’uscita del secondo volume) e la vera magia inspiegabile a tratti (forse anche complice la cantabilità che in testa ronza sovrana conoscendo le canzoni) è questo sapore punk di un brano (divenuto solo strumentale) che all’impronta conserva una natura classica. Perché in fondo tutto parte da una radice classica… si torna tutti all’ovile… e se in questi due dischi manca totalmente l’apporto punk delle distorsioni, quel che resta forse è la verità…
Silvio Capeccia ha realizzato un’idea davvero magistrale, preziosa… e decisamente esplicativa per quel che la musica deve alle sue radici. Un viaggio da fare… prendetevi il giusto tempo e non pensate al ritorno.