Da molte parti è lecito pensare che certi esperimenti risalgono ai tempi d’oro degli anni ’70, da tutto il prog alle volute psichedeliche di Battiato, Rocchi, Camisasca e compagnia cantando. Certamente in questo caso la scrittura ricerca anche una dimensione pop di strofa e ritornello, spazio anche ad due lunghe code strumentali di solo dentro cui il suono ricerca il punto più alto dell’estraniamento e della sospensione. La firma è quella del cantautore abruzzese Paolo Tocco e del producer e musicista Matteo Dossena, voce e anima portante degli Sherpa. Nasce il progetto N.o.D.o. acronimo di quattro parole inglesi: Nobody, Outer, Dervish, Over. Nasce questo primo singolo dalla penna di Tocco e dai suoni di Dossena e ospita la collaborazione speciale di un grande come Paolo Benvegnù che canta la seconda strofa. Il tutto porta un titolo decisivo come “Infinite Jest” e un video concettuale fuori ogni abitudine e moda virale. Fermiamo Paolo Tocco per qualche domanda e ci accorgiamo quanto mondo esiste dietro un solo brano:
Cos’è e come nasce N.o.D.o.?
Altro figlio illegittimo del lockdown direi… La solitudine forzata ha restituito a molti la voglia di espressione visto che non potevamo sfogarla in altro modo. Ho scritto di getto questo brano nel testo e nella musica, innaffiato com’ero dell’ascolto del disco di Benvegnù “Dell’odio dell’Innocenza”, della lettura di libri epocali per me come “Infnite Jest” di Wallace e “Ascolta piccolo uomo” di Reich. Poi il cassetto chiuso a custodire quello che doveva essere qualcosa di poco conto. Poi, tornati ad uscire, mi ritrovo con Matteo in una delle nostre tante chiacchiere musicali e rapisco al volo la sua idea di provare ad unire questi due mondi: il mio classico della canzone d’autore e il suo, fatto di psichedelia e post rock. N.o.D.o. nasce definitivamente questa estate, con i mix, i lavori in home studio, con la voce di Paolo che ci ha regalato il suo tempo… il nome nasce anche dopo la lettura de “Il Nodo”, un libro altrettanto distopico che l’amico artista Pieralberto Valli ha pubblicato non molto tempo fa. Cosa sia N.o.D.o. personalmente devo ancora capirlo: di sicuro accolgo il commento di una cara amica. Credo che questo sia davvero un mio personalissimo manifesto…
Il video, come dicevo, anti viralità, contrario a molte regole di oggi. Scelte coraggiose…
Beh qui dobbiamo fare tutti un voto di sincerità: se pensassi che una cosa fatta così dal basso potesse avere un margine di viralità, sarei un perfetto ingenuo. Che poi a noi non interessa sinceramente questa “battaglia” mediatica, visto che l’abbiamo perduta in partenza. Saremmo degli illusi altrimenti. Dunque qual buona scusa e vantaggio poterci permettere di fare ogni cosa proprio come piace a noi? Qualcuno dice che l’attenzione minima di ognuno è 8 secondi. Beh temo che questo video conservi talmente tanti piani di lettura, dettagli, citazioni e ricami didascalici con il testo che credo saranno pochissimi quelli che avranno voglia e coraggio (come il nostro) di immergersi fino a tanto. In sintesi, violentissima: l’individuo di oggi in rapporto all’intrattenimento infinito, l’infinite jest appunto, schiavo delle televisioni, dei media, dei telefonini. La sua reale condizione, il suo benessere si compie solo e soltanto una volta “dentro” questi sistemi. Altrimenti il tempo, il mondo… ogni cosa… perde di dinamica, di senso, di significato. Non so se sia negatività la mia ma duro fatica a veder cose diverse nella vita quotidiana…
Dal vivo? Un disco? Un supporto fisico?
Un gigantesco forse per ciascuna delle tue domande. Di sicuro stiamo pensando a nuovi brani, cose che ho già scritto e altre scritture di Matteo che mi piacerebbe completare nei testi. Di sicuro questo… e per ogni brano ospiti importanti, fin dove potremo spingerci. Proprio ieri si ragionava, anzi si fantasticava, sul fatto di realizzare un vinile quando avremo un numero di brani adeguato. Dal vivo? Ti giuro che avevo appeso chitarra e penna al chiodo. Di scrivere non passa l’abitudine ma di suonare si… e sinceramente ad ora non ci si pensa proprio.
Dalla canzone d’autore alla psichedelia: da De Gregori a Claudio Rocchi. Come l’hai vissuta questa rivoluzione?
Dal 2015, quando con la Protosound e la Cramps realizzammo il mio secondo disco “Il mio modo di ballare” mi sono regalato un’esperienza determinante che noi piccini raramente abbiamo la fortuna di poter fare: star seduto e veder altri a lavoro sugli scheletri chitarra e voce delle mie canzoni. Da qui in avanti ogni risultato è “violenza” allo stato puro perché vien fuori qualcosa che naturalmente e ovviamente non avevi neanche contemplato e possibile. Ma a lasciar decantare il tutto ho capito come questa “violenza” in realtà è stata solo una ricchezza determinante per una crescita, non solo artistica quanto anche umana. E a viverla bene poi ci si prende gusto. Così quando Matteo Dossena mi ha proposto questa mescolanza di linguaggi ho sentito rinnovarsi tutto e non potevo che avventurarmi nell’abbandono. Gli ho dato la mia traccia chitarra e voce e sono rimasto in attesa. Devi avere un’apertura mentale importante per accettare con bellezza una simile “violazione” di domicilio, pensate alla voce che qui, nella psichedelia propriamente detta, diviene un vettore di suono invece che il protagonista assoluto. Dunque ho chiuso gli occhi e ho deciso di abbandonarmi. Il risultato che mi è tornato indietro, salvo qualche piccolo dettaglio di cura e di arrangiamento che sono giunti in un secondo momento, è quello che sentite. Ne siamo entrambi orgogliosi…
“Infinite Jest” è una bella prova di sperimentazione e oggi ormai siamo raramente esposti a questo tipo di espressione. Tu che ne pensi?
Questa domanda andrebbe fatta a Matteo che di contaminazione e di cultura “altra” non è solo affamato ma ne è anche molto indottrinato. Come saprai di base il mio mestiere è quello del giornalista e promoter discografico e dal mio canto purtroppo vedo troppa omologazione in luogo di una bandiera che si vuol sventolare sulla personalità. Molti artisti denunciano unicità e personalità sfornando opere che sono la copia di mille altre. E sono due le cose che mi terrorizzano: da una parte gli artisti stessi che cinguettano di aver espresso se stessi in libertà e dall’altra i giornalisti che per restar incollati al carro trainante celebrano come opere migliori in assoluto quelle stesse quattro o cinque formazioni che vincono ma che di personale non hanno niente. Per me la musica non deve niente a nessuno. L’arte non deve niente a nessuno. Siamo noi che dovremmo correrci dietro e inseguirla. Credo invece che si faccia l’esatto contrario: l’artista (e i giornalisti) inseguano il consenso del pubblico, elemosinano attenzione. Anche io ho dovuto fare i post sui social altrimenti non esistiamo. Bella evoluzione vero? Se lo dice il computer è vero… siamo schiavi di un’esistenza virtuale. Ma almeno nello scrivere una canzone, almeno nell’esprimere noi stessi, dovremmo liberarci davvero. Poi che sia pop, jazz, metal, psichedelia, che sia la copia di una copia o molto altro, poco importa. Se davvero genuina si sente e quando si sente, la musica porta solo cose buone. E io da tempo non ascolto cose buone… compreso quando i giornalisti pettinati e famosi le premiano come opere migliori dell’anno. Ma ovviamente qui si fa prima a tacciarmi di invidia che a rifletterci onestamente su. È faticoso, me ne rendo conto, come star li a vedere il video di “Infinite Jest” e a cercarne i mille dettagli… pace comunque sia!!!