Sa di nostalgia folk questo nuovo disco di Edoardo Cerea, disco che non si vieta sviolinate dalle soluzioni classiche e neanche ricerche di intima contemplazione. Ed è forse questo il vero pregio di questa voce, ruvida ai bordi, che custodisce liriche quotidiane, popolaresche, momenti di vita vissuta in un disco che dalla vita ha preso tutto il romanticismo che ha… certamente, “La lunga strada”, titolo figlio di una generazione bit eterna, sa coccolarlo questo modo rock dal sapore dylaniano…
Sono due le cose che in questo disco tornano al centro. Prima di tutto
la parola: che rapporto hai con la parola, con la canzone e con
l’estetica che poi deve piacere?
Ho sempre pensato che la canzoni debbano avere un equilibrio testo/musica il più possibile paritario e ben riuscito. Proprio per questo motivo i miei primi due album “Come se fosse normale “ (2003) e “Disperanza” (2008) sono stati scritti a quattro mani. Non sentendomi ancora pronto per fare tutto da solo ma essendo di mio un maniaco perfezionista, ho collaborato con lo scrittore Marco Peroni per la scrittura dei testi. Anche il suono delle parole per me ha molta importanza, sono sempre alla ricerca di un certo equilibrio tra forma e sostanza.
E poi c’è il suono suonato. Un disco suonato, antico nei modi ma
fondamentale per l’uomo. Che rapporto hai allora con il futuro?
Non dei migliori ma ora non ci soffro più come prima. Credo di aver fatto pace con la smania di cercare per forza di essere attuale, d’altronde non lo ero nemmeno da ragazzino (a 15 anni, in pieni anni Ottanta, la mia band preferita erano i Led Zeppelin). Non credo ci si possa esprimere in maniera distante da ciò che ci appartiene e ci viene meglio, quando lo capisci e lo interiorizzi definitivamente, allora trovi una serenità artistica e compositiva impagabile.
C’è tanto passato anche in altro: la copertina ad esempio. Immagino
sia tu… è un momento questo dentro cui fare il punto di tutto?
È esattamente così. Spesso dico che in questo album sono contenute una serie di riflessioni “momentaneamente definitive”. Attraverso questo ossimoro voglio innanzitutto lasciare una porta aperta a future produzioni, ma anche cristallizzare sentimenti, emozioni e considerazioni che mi hanno accompagnato per tutta la vita. Un po’ come se volessi dirvi: “ Ecco, per tutto ciò che mi riguarda e che per me è importante, per ora questo è quanto”.
Nel rock sfogli tantissimo la musica americana e certe tradizioni. E
poi c’è il Boss che in qualche modo resta un’icona o sbaglio?
Non sbagli. Springsteen è stato il primo artista americano a colpirmi veramente. Da lì in poi il rock è diventato, ed è tuttora, il mio genere preferito e di maggior riferimento, oltre al cantautorato italiano che però e venuto dopo. In questo album c’è anche una canzone dedicata a Springsteen dal titolo “L’amico che manca”, i riferimenti sono volutamente non proprio espliciti e seminascosti in quanto, nei testi, cerco sempre un taglio il più possibile “universale”.
Parlando di cantautori potremmo dire che sei più dal lato americano
che da quello francese? Roma piuttosto che Genova?
Si e no. Per quanto riguarda il lato americano hai ragione, ma per quello italiano i miei preferiti sono Ivano Fossati e Luigi Tenco, quindi due liguri. Il motivo per cui anche nei testi tendo all’immaginario e allo stile americano credo dipenda dalla musica che scrivo. Le parole, quasi sempre si “piegano” alla melodia ed automaticamente il risultato porta ad ottenere dei testi più rock che cantautorali.
E oggi, che senso e che responsabilità ha fare un disco? Oggi che la
musica ha perso il centro…
Voglio essere molto diretto: nessuno. Io cerco sempre di dare il massimo, mi sento sempre molto responsabile nei confronti di chi vuole ascoltarmi, cancello e cestino più del doppio di quello che tengo, ma in primis lo faccio per me. Perché questa è la vita che ho scelto, che mi fa stare bene e moderatamente in equilibrio. D’altronde lo ha detto anche il chitarrista degli WHO in tempi non sospetti: “ Hey ragazzi, il rock and roll non risolve i vostri problemi, però vi ci fa ballare sopra!”