Torna in scena Lisa Brunetti in arte Helle, cantautrice bolognese che avevamo ampiamente conosciuto con “Disonore” disco che segnava l’esordio e che da subito celebrava una visione ampia sulla forma canzone e sul gusto di ricercare soluzioni alternative. E in questo nuovo disco dal titolo manifesto “La Liberazione” colpisce immediatamente il ruolo prioritario che la narrazione ha sul ricamo del suono. Canzoni che affrontano un tema, un vero e proprio concept che si dipana dentro dieci inediti la cui produzione ha un ché di metafisico, di favolistico… dunque, forse, proprio per questo non è un caso che la genesi del racconto e il suo approdo sono ambientati in una natura che diviene prima di tutto ragione primigenia della verità, della liberazione… un amore che dal suo incontro illude di fantasia e di bellezza che poi in più parti sembra venir accostato ad una droga… innumerevoli trovo i rimandi ad una condizione che l’esistenza stessa ha di dipendenza nei confronti dell’uomo compagno. La liberazione diviene un ritorno all’ES, un ritorno alla natura ed è per me un momento del disco che porta con se un significato sociale che trovo e che leggo denso di drammatica attualità: tornare alla verità in questo mondo di apparenze e maschere da senso a quel “mantra” finale che dice «Nessuno mi ha vista passare!».
Helle ci regala canzoni che non sfoggiano melodie facili e vincenti di sintesi e di automatismi. Anzi tesse soluzioni che di rado hanno forme classiche di strofe, ritornelli e bridge come nella più classica tradizione pop radiofonica di consumo. La scrittura musicale diviene invece compagna e complice della lirica, il tappeto di magistrali chitarre (strumento sempre protagonista) che inneggiano al folk, al country, suoni che diversamente dal suo esordio fanno poco affidamento a soluzioni digitali e spesso mi richiamano alla mente le intime fotografie di Ane Brun o chiunque graviti dentro quel certo modo di fare storytelling. Perché questo è un disco di vero storytelling. La voce poi sembra cercare esattamente quello scenario e diviene decisamente liberatorio il tutto quando si lancia in aperture in maggiore come dentro il singolo “Simone”.
“La liberazione è decisamente un bel disco, difficile, non per tutti, un disco alto perché le parole sono importanti e Helle sa bene come usarle… e che bel modo di fotografare l’uomo perduto, figlio di una guerra in quel rimando alle orme che lasciamo e che seguiamo tutti come un ricorsivo pellegrinaggio della nostra esistenza… “Hai mai visto quegli uomini dimezzati con gli occhi su per aria e avevano madri e avevano padri ora sono ritagli vaganti per le strade in cerca delle loro stesse coscienze…”. È un disco che celebra l’esistenza. A noi ora la responsabilità di fare uno sforzo che vada oltre, come un tempo era consuetudine fare ma che ormai sembra addirittura un errore di marketing infrangere la comodità del banale perpetrato ovunque facilmente etichettabile come opera secolare degna di premi.