La musica è un pretesto la sirena è una metafora.
Non brilla certo per originalità, diciamocelo chiaramente. Stefano Vergani, appena ventitreenne (e per questo promettente) cantautore, già vincitore di un Premio Tenco come artista emergente, pubblica all’inizio del 2005 il suo primo album: “La musica è un pretesto, la sirena una metafora”. Accompagnato dall’Orchestrina Pontiroli, il disco è figlio del cantautorato illustre, tra bossanova-jazz, richiami popolari e ritmi sudamericani. Una voce calda (ma ricercata artificialmente) sulle orme di Paolo Conte, alcune metafore ardite alla De Gregori, giochi di chitarra abbastanza stilizzati e alcuni ritmi dell’album “Rain dogs” di Tom Waits (di cui rasenta seriamente il plagio con “Le bariste” e “L’inverno non è il top”). Il primo brano, “Costantina”, tra i più notevoli per delicatezza e orecchiabilità, è una piccola elegia amorosa (sapientemente arrangiata) che, però, somiglia spaventosamente a Gianmaria Testa. Sia ben inteso: non c’è nulla di male nel rifarsi ad altri artisti, cosa che accade, comunque, a tutti ed è giusto che sia così. Che non ci sia malafede è un altro dato assolutamente certo, e guai a sospettare che non ci sia buona volontà. Però è anche normale che si richieda ad un artista di mostrare il proprio volto, la propria dimensione, la propria onda da cui farsi trasportare. Si potrebbe dire, complessivamente, che le canzoni sono lo specchio fedele del titolo del disco: ingenuo e forzato. Senza esagerare, certo, perché il disco è suonato bene (senza particolare invettiva, ma con garbo), perché ogni canzone è almeno piacevole, perché ha solo 23 anni, perché a sentire “Rospo e Avelardo” – sfogo di una rana rilassata e disturbata dal ronzare delle mosche – non si può che fare un’esclamazione di approvazione, per come è cantata, per le parole, per la raffinatezza dell’accompagnamento musicale. Insomma, la stoffa c’è, probabilmente anche il talento: è per questo che da Stefano Vergani si può e si deve aspettare molto di più. Anche a risentire la canzone “La sirena è una metafora”, dove si ricorre al topos letterario del canto delle sirene lanciato da Omero, si coglie una maturità e una dolcezza su cui sarebbe un peccato non scavare.