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The Riva: manifesto politico di un “sensibile”

Esce “The Riva” Ep, eponimo lavoro di parola, di suono, di immersione spirituale

Davide Ravo in questo Ep che porta come titolo il suo stesso moniker, The Riva, ha certamente indagato e celebrato a pieno una rinascita personale. Tutto torna alla natura, non solo la sua condizione di vita. Che significa anche un ritorno alla condizione primigenia. Lui che, sembra alla nostra lettura, alla sensibilità lascia ricondurre sia una condizione di disagio e di sfavorita posizione, ma anche un’arma affilata, visionaria in un certo senso, foriera di una capacità creativa libera da maschere e matematiche. Il suono si fa didascalico ad altre e tante narrazioni possibili… e così la parola, la sua forma, cantata o declamata. Un lavoro che alla psichedelia romantica chiede tanto, anzi forse proprio tutto.

Davide Ravo perché diventa The Riva? Un gioco di suono come a dire che sei alla deriva? O che da li provieni?
Alla deriva, lontano dai doveri, lontano dall’omologazione, rimane la poesia: lo stare con se stessi e la natura di ciò che accade attorno. Mi sento di provenire da questo luogo, soltanto in questo luogo in me regna la pace e l’agio del creare.
Un giorno, in riva al lago, ho visto cadere un fiore di ciliegio sulla sua superficie fluida e l’ho visto andare al largo. Mi sono sentito quel fiore e ne ho compreso la profonda importanza.

Perché il suono e spesso la voce sembrano figlie di un moto di deriva… non so se riesco a spiegarmi meglio. Come se fossero elementi fuori controllo… cosa ne pensi?
Si, quel moto di deriva avviene lasciando l’inconscio alla completa guida dell’opera. Quindi la mia parte razionale nel momento della registrazione non ha effettivamente un controllo. Tutto sgorga naturalmente dalla sorgente dell’ autenticità pura, donando caratteristiche spontanee. Esattamente come quel fiore di ciliegio che è soggetto agli eventi naturali e casuali del vento, questo particolare atto creativo è soggetto agli avvenimenti caotici dell’inconscio.

E dunque The Riva che rapporto ha con le parole? Perché dalle poesie al suono? Cosa manca alle parole che da sole non sanno o non riescono a fare?
Non manca nulla alla poesia e penso che sia la forma più libera: basta un foglio e una penna e si può viaggiare e sognare nella forma più infinita. In questo progetto però, oltre ad essa, si aggiunge musica e immagine: ogni canzone trova una sua compatta intenzione artistica in tutti questi tre componenti assieme. Per riuscire a conservare intatto ciò che è uscito dall’inconscio incontrollato, le parole della poesia creano la musica e la musica a sua volta modifica le parole. Si amalgamano cosi a vicenda più volte donando questo particolare stile. Dopodiché il video prende la strada suggerita da tutte queste intenzioni mantenendo lo stile caotico originario. Così è stato per Anthropogus e cosi sarà anche per tutte le altre canzoni. A breve uscirà il video di Istanti e così via.

Esiste quel momento della trasformazione. Col senno di poi? Avresti dovuto farlo prima? E questo disco, come altre cose, cosa hanno dentro che prima Davide Ravo non aveva?
No, non penso sia capitata una trasformazione. Mi sono sempre circondato di musica, mi sono sempre dedicato alla poesia e sono sempre stato affascinato dal cinema e da certi tipi di videoclip musicali. Ho passato tutta la vita ad ascoltare, guardare e scrivere ispirato da ciò che guardavo e ascoltavo. Dunque più che una trasformazione è uno sposalizio: queste passioni si sono unite spontaneamente in unico atto creativo. Non credo che avrei potuto farlo prima, sarebbe stato prematuro. Credo che prima di inoltrarsi in questa particolare forma spontanea di creazione si debba prima ascoltare per almeno una ventina di anni. Ascoltare, lasciarsi affascinare, lasciarsi trasportare. Serve assimilazione per poter fare accadere una certa particolare amalgama in quel momento in cui tutto ciò che accade viene catturato e registrato. E serve anche vivere, aver vissuto profonde emozioni, delusioni, avvenimenti gioiosi. Insomma, serve essere ben stagionati.

Il video in rete… tante letture. Troppe forse… si incontra un alter ego di noi stessi? Lei ritrova un’altra faccia della sua verità? Oppure la vita è solo un viaggio da fare assieme? Oppure che alla fine sempre soli saremo?
Anthropogus è stato il mio primo lavoro ed è da li che ho preso conoscenza che questa particolare forma spontanea poteva accadere in me. In un particolare periodo di profonda malinconia è nato questo flusso di coscienza schietto e irrazionale. Mi misi davanti alla tastiera, uscí questo suono da una somma di reverberi, questa improvvisazione completamente destrutturata, un flusso su cui accesi subito il microfono e… le parole uscivano da sole, uno sfogo emotivo che è arrivato direttamente dal mio inconscio. Per questo ci sono tante letture, tanti significati da poter scorgere. È la magia della spontaneità dell’essere: quando accade capita sempre qualcosa di straordinario. Quelle parole riascoltandole mi sono servite molto e ho compreso ciò che doveva comprendere la mia parte razionale. Dunque non vi è una risposta perché ognuno può trovare una sua risposta. Se si ascolta attentamente il testo, tutto gioca sulle principali forze dell’universo: la luce ed il buio. Tutto nasce da queste energie. Penso che ci sarà sempre il dubbio dietro ad una decisione, esattamente come esisterà sempre l’esistenza dietro ad un’indecisione. Vivere può significare anche prendere atto di ciò e saperlo apprezzare nel pieno delle proprie volontà.

Biografia di Redazione Bravo!

Bravonline nasce tra il 2003 e il 2004 frutto della collaborazione tra vari appassionati ed esperti di musica che hanno investito la loro conoscenza e il loro prezioso tempo al fine di far crescere questo magazine dedicato in particolar modo alla Canzone d’Autore italiana e alla buona musica in generale.

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