Elettra (Targa Tenco come miglior album dell’anno) è un disco logocentrico. Un disco dove le parole dominano su tutto, come poteva dirsi dei dischi di Rosa Balistreri. Non è una cosa insolita per Carmen ma forse mai prima d’ ora la cantante catanese si era messa così a nudo, arrivando a toccare argomenti scomodi come quello trattato su Mio zio (assieme a Così cara di Cristina Donà il più crudo resoconto su una vittima delle attenzioni pedofile scritte in Italia, NdLYS) e a tratteggiare in qualche modo una nuova forma di musica plebea, riscattando il ruolo epico-popolare dei cantastorie di cui è pregna la storia sociale della Sicilia lazzarona intrisa di mitologia pagana tanto quanto lo è la letteratura “colta” da cui è tratta la figura di Elettra, musa “istigatrice” di questo album in cui la figura della figlia di Agamennone è rivista attraverso l’ottica popolana delle donne da bordello. Un pezzo, quello che intitola l’ intero disco, che musicalmente in qualche modo ci riconcilia con la Carmen Consoli già conosciuta, quella delle canzoni con la chitarra in primo piano e ritornello facile, arguto.
Ma Elettra, l’ album, è pervaso da questa intimità dolorosa che si agita inquieta in gran parte delle tracce del disco (un “invito al dolore” come lei stessa dice sottovoce sulle note morbide di Sud Est, NdLYS) con l’ unica eccezione dell’ arrangiamento mediorientale di Marie, ti amiamo, spruzzo esotico condiviso con l’amico Franco Battiato che si adatta a forza alle basse soglie del dolore che invece caratterizzano il resto dell’ album e che anticipa l’ allegra filastrocca dialettale di ‘A finestra‘ che diventa una balaustra che si affaccia sullo spettacolo teatrale offerto dalla locale fauna isolana: uno spaccato sagace e sottile delle mille anime siciliane che si alternano goffe sotto gli stipiti. Elettra si impone come il “disco della maturità” per la signorina Carmen. E io sono felice di poter annunciare, dopo quattordici anni, l’arrivo del suo primo mestruo.
CARMEN CONSOLI – Elettra – Album dell’anno al Tenco
