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Cassandra Raffaele: un viaggio onirico nel tempo e nel suono analogico

Il nuovo disco di Cassandra Raffaele è “Camera Oslo”: come una serie tv, allegorica, anarchica.

Anarchico a suo modo, gentile e denso di sensibilità ma anche ruvido, secco, desertico nei suoni che molto devono ad un’America post atomica, ad una visione del tempo anacronistico, oltre le attualità. C’è anche della critica sociale o forse, faremmo meglio a pensare, c’è tanta della visione romantica di come dovrebbero apparire le cose. E poi ci incuriosisce l’incipit: Oslo, anni ’70. In una camera di albergo, una giovane donna si risveglia e si rende conto di non essere più nel 2022. Per riuscire a trovare la giusta chiave temporale e fare ritorno a casa, dovrà affrontare molte prove, tra sogni e ricordi.
Torna in scena Cassandra Raffaele con un disco dal titolo “Camera Oslo” dentro cui risalta sfacciatamente la bella sonorità vintage de L’Amor Mio Non Muore, mondo analogico e mondo digitale in un colloquio da vera cantautrice del futuro. Questo disco sembra regalarci quel gusto agro dolce di una visione distopica di un domani dentro cui l’origina classica di quel che siamo non ha perso mordente nonostante le tante derive, violente quanto inevitabili.

La canzone d’autore oggi sempre più guarda al mondo digitale o comunque al resto del mondo. Tu guardi all’America in particolare. Vero? Perché?
Non saprei darti una spiegazione. Come si direbbe per altri contesti, sto seguendo il mio cuore e spesso significa fare scelte differenti rispetto al senso orario delle cose.
Ma non disprezzo il digitale. Lo uso, e molte mie produzioni partono da virtual instruments e programmi vari. Ma per Camera Oslo sì, ho scelto la Romagna e l’America.

Qualcuno parla di shoegaze e di una paisley underground. Come ti rapporti in questi scenari, in queste etichette di genere?
Mi rapporto con la curiosità di una bambina. L’incontro con Villa mi ha accompagnato alla scoperta di un pezzo di scena che conoscevo poco. In generale, non ho mai visto la musica con le etichette, l’ho sempre valutata sulla pelle. Le etichette e i generi li vedo però, come indirizzi con un civico che possono aiutare a trovare delle strade musicali, che magari non sono alla portata di tutti, perché non si trovano nelle strade principali.

E forse non è un caso che troviamo una sfacciata citazione ai mitici Rolling Stones… o sbaglio?
Si, sfacciatamente. Una delle canzoni che girava in casa da piccola era appunto Lady Jane e in qualche modo è stata celebrata e rievocata.

Chitarre elettriche ma suoni assai vintage. Anche il tempo è importante per questo lavoro?
Si, il tempo è importante perché è un dono ricevuto, di canzoni, di libri, di storie. Te le ritrovi perché qualcuno le ha scritte per te e non lo sapevi. E per questo alla fine, al tempo, e in particolare agli anni 70 e 80, ho voluto fare un omaggio, perché sono grata di tutto quello che quel periodo musicale ci ha donato. E non sono sicuramente l’unica.

Assieme a questo sottolineo un’altro brano ma anche un altra parola: anarchia. Credo che molto di questo disco sia figlio di una sorta di anarchia o sbaglio?
Si. “Camera Oslo” è figlio di una madre anarchica.

Biografia di Redazione Bravo!

Bravonline nasce tra il 2003 e il 2004 frutto della collaborazione tra vari appassionati ed esperti di musica che hanno investito la loro conoscenza e il loro prezioso tempo al fine di far crescere questo magazine dedicato in particolar modo alla Canzone d’Autore italiana e alla buona musica in generale.

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