Ora ti ho. Anch’io, per fortuna.
Lavoro limpido e convincente di ORATIO. Mettetelo accanto ai dieci disperati che hanno avuto il coraggio di chiamare “Nuova generazione” all’ultimo Festival della Canzone di Sanremo, e capirete come funziona un’industria discografica che compra spazi pubblicitari per incapaci e si lamenta del suo progressivo disfacimento.
La prima traccia della raccolta, E’ una questione di, non è di grandissimo impatto, anche se rumorosa e movimentata. Ha però degli spunti molto accattivanti sul linguaggio: ”Le mele verdi piacciono/solo a me/ Lei è interessante/ solo per me/ Sembra lunga la strada/ solo per me”, o anche “L’estate non funziona” , lirico quotidiano. Divertentissimo: “Mi piacerebbe vederti nuda/ Potrei aiutarti a spogliarti/ Lo faccio per te”, con quest’ultimo eco di Max Gazzè.
Poi comincia Una parte di me, forse l’episodio più incisivo della raccolta di ORATIO. Ci immergiamo in un contesto country-favolistico, dove troviamo, aggrappati ai cespugli acustici, frammenti dell’infanzia fortunata di molti ragazzi. “Si potrebbe rimandare/ l’energia che dobbiamo trovare”. Una piacevolissima introspezione, così dolce e invitante da imporre all’ascoltatore di risentire il brano una seconda volta dopo il primissimo approccio: non per approfondire i contenuti cristallini; piuttosto per fissare i momenti proposti. “Si potrebbe ritrovare/ l’energia che ci ha fatto inciampare”. Ma che bello.
Eccoci a Non guariremo più . “Gioia mi chiedi dove siamo/ Non vedi siamo qui/ Un piede accanto all’altro”. Qui, in una Sudamerica musicale improvvisata su Suditaliani destini improvvisati, dove “scintillano monetine/ e il conto in banca è vuoto”, ORATIO suggerisce “tira la palla in aria in perpendicolare/ sopra la tua testa/ Se non fossimo qui/ tu non la rivedresti”. Semiotico involontario. O volontario. Bisognerebbe chiederlo all’autore, che come tutti potrebbe non aver pensato ai significati che nascono ora dall’ascolto. Istintivamente Non guariremo più è una splendida novella bohèmienne, intrisa di significati paralleli al vissuto di amori reali, lontani da astrazioni simil-poetiche che poco hanno a che fare con la poesia, a cui invece somiglia questa sortita. “Ti compro una bella scopa elettrica/ così farai veloce le pulizie/ e poi potremmo uscire/ Un braccio meccanico/ che arriva al Supermarket”. Gli stimoli che sono partiti negli anni ’70 dalle scuole cantautoriali non si sono mai persi. Semplicemente l’interesse di un certo modo di fare promozione, che per fortuna si è rivelato fallimentare, è nascondere proposte che potrebbero disturbare per contrasto l’inadeguatezza generale.
Altra canzone, altra voce. Bellissima Otra Vez. Siamo decisamente fuori Italia dal lato musicale. E anche un po’ nel dato letterario. “Se ti trovo non ti prendo/ ti guardo e mi basta perchè/ prenderti non è concesso a me”. Da sentire tre volte di seguito. Almeno. Insieme a Una parte di me, e forse anche di più, è tra i brani più belli della raccolta.
Piacevole e dolceamaro Il bianconiglio, brano movimentato da un accompagnamento vivacissimo e curato, con sorprese armoniche e soluzioni di rottura nei climax, tanto da farlo apparire musicalmente l’episodio più radiofonico, se mi si passa questo barbaro termine. “Se potessi montare una donna con i pezzi di tutte le altre” è l’anelito di molte vite. “Ma ormai è finita la serata/ Non c’è un altro mondo dopo questo/ Alcool a sorsi/ ma non sono io/ è qualcuno attraverso/ me”. Splendido. E ancora: “Che cosa succede/ guarda quel cantante/ come muove le mani/ e le casse spaccano/ Ma niente di più/ Ed io che cercavo la chiave/ ho perduto la porta/ che uso solo ogni tanto/ per fare uscire le belle signore/ che stanno dentro me/ ma che sognano altro altrove/ E allora mi dispiace/ ma scelgo il posto sbagliato/ perchè sono perduto/ Io sono perduto”. E a dire la verità è molto facile farsi assorbire e perdersi nella narrazione del Bianconiglio ORATIO.
Prendendo in esame Dietro le quinte e Tre cuscini, forse non a caso messi in successione uno dietro l’altro, troviamo i tentativi più onirici, e più vicini anche alla poetica di Dente, al secolo Giuseppe Peveri. Sono molti i punti di contatto tra ORATIO e Dente; in questi due pezzi in particolare si avvertono assonanze nella ritmica dei testi e nell’interpretazione. In Dietro le quinte due chicche: “Via il sipario/ apri gli occhi/ quello che vedi/ forse lo tocchi”, e “Tu eri avanti/ o troppo indietro/ io non ero/ neanche partito”. Per Tre cuscini “Facendomi spazio tra i cuscini/ io ritrovo solo te”.
Il tabacchino è chiuso invece è uno splendido esempio di enumerazione progressiva, di un flusso disordinato dove si trovano “un sacco di finanzieri/ nei miei pensieri”, e moschettieri, e brigadieri. “Esco perchè no/ Dove devo andare non so/ Sono fuori uso/ E forse il tabacchino è chiuso/ E tu dormi ancora/ Dopo ieri sera è normale/ è vero che ci siamo fatti del male”. Una certezza è esplicata nella canzone: a ORATIO non piacciono i Foo Fighters.
“Mi son svegliato presto/ per conquistare l’universo/ Ma già dopo il caffè/ io mi sentivo perso”. E’ l’incipit di Mi son svegliato presto. Il finale non lo sveliamo, in un minuto di canzone è giusto scoprirlo.
Muoio è una ballata acustica piacevolissima. “Sbrigati che sta arrivando la corriera/ ti ho sognato una notte intera”. L’armonica entra ad accompagnare una melodia che si adagia ai prati in Primavera. I-pod sulla bici e pedalare. Anche se preferite il vinile fate un eccezione. “E io non mi ricordo niente” è l’impronta del particolarissimo nonsense di Oratio.
Ce ne andremo via è una ribellione morbida e decisa giocata sui toni del basso saltante. Pezzo visionario e reale allo stesso tempo. Qualche eco di Battisti. “Anselmo lo sa” invece fa pensare alla moglie di Anselmo in Dolcenera di Faber. “Ammiro le caviglie e la pianta del piede/ Se me lo chiedi lo farò/ Un gioco in un grilletto/ Novembre in un pacchetto”.
La dolcissima Quando ti parlo chiude questa interessante raccolta, e fa pensare inevitabilmente ancora una volta a Dente, soprattutto per l’interpretazione. “Mamma che inverno di lame/ credo che mi taglierò” è la bellissima frase che conclude l’extra in coda al brano, che si può ascoltare lasciando andare avanti la traccia dopo la prima apparente conclusione. L’idea di far sentire stralci di audio preso da radio e televisione, già adoperata da altri, pensiamo ai telegiornali di Fossati in Not One Word, è sempre e comunque affascinante.
In conclusione, pare che questo artista, ORATIO, abbia parecchio da dire.
Conviene ascoltarlo.
Eugenio Ripepi
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