Il secondo album “è sempre il più difficile nella carriera di un artista” come recita il ritornello di una canzone di Caparezza.
“Ma il secondo album è sempre il più difficile solo nel caso in cui il secondo disco sia anche l’ultimo“, aggiungeva sempre Caparezza in una vecchia intervista. “Allora è difficile davvero. E comunque è solo una frase retorica“ continuava il rapper pugliese.
E in ogni caso, se il secondo album è sempre il più difficile figuariamoci il terzo aggiungiamo noi di Bravonline.
Luca Carocci pubblica proprio il suo terzo album a 47 anni, un lavoro che sembra a tutti gli effetti un capitolo a parte nella sua carriera artistica.
Il disco come istantanea di una ripartenza quindi. Qualcosa che sta accadendo sempre più di frequente nella discografia italiana.
Del resto tutti noi stiamo vivendo l’esperienza del tutto simile all’atto del voltare la pagina per scrivere un capitolo tutto nuovo della nostra vita.
Ci basti ascoltare alcuni tra i dischi pubblicati a partire dalla seconda meta del 2020 fino ad oggi, tra questi c’è proprio l’ultimo di Caparezza “Exuvia”, oppure il lavoro di Pino Marino “Tilt”, quello di Joe Barbieri “Tratto da una storia vera”, Vasco Brondi “Paesaggio dopo la battaglia”, Cosmo “La terza estate dell’amore”, Mahmood “Ghettolimpo” tutti dischi sofferti, figli dell’angoscia e dello stupore inflitto dalla pandemia, ma anche dischi che testimoniano un ritorno, una luce che torna ad accendersi, una liberazione, con un percorso comune che da viaggio diventa crociera, diventa spontaneo.
E se gli artisti sono quelli che più di ogni altro fissano immagini allo specchio incerto dei tempi che stiamo vivendo, allora ecco che le loro opere diventano strumenti utili a farci riprendere il cammino.
Così il disco di Carocci segna un nuovo inizio ma anche un ritorno.
“Questo disco parla di tutti quelli che hanno cominciato a camminare e serve per rasserenare chi, dovendo scegliere, preferisce trovare un suo percorso personale, meno globale, ma più interessante” dice, ed infatti tutto il lavoro sembra pervaso dalla ricerca delle proprie radici.
“Serenata per chi è nervoso”, la title-track, si conclude con alcune strofe in dialetto artenese. Ad Artena, in provincia di Roma, oltre la zona dei Castelli, tra Velletri e Colleferro, Carocci è tornato ad abitare dopo sedici anni vissuti tra Messico e Sri Lanka. “Il prossimo disco mi piacerebbe scriverlo tutto in artenese – dice Carocci -. In fondo è un’altra lingua che conosco. Perchè esprimersi in dialetto è una delle cose più vicine alla verità che uno può fare. “Con il dialetto si possono esprimere solo concetti che ti avvicinano alla parte più antica di te, ma anche a quella più strutturata”.
E noi di Bravonline dello stesso brano vogliamo riportare la terza strofa, che in pochi versi rappresenta davvero un piccolo manuale per tempi bui;
“Serenata per chi ha il cuore pesante
Per chi è senza stipendio, per le poche speranze
Nella luna c’è il sogno di un uomo
Dormite tranquilli
La notte è un consiglio che vale per tutti”
Prodotto dall’etichetta FioriRari, con le voci di Ilaria Graziano, Alessandro Pieravanti e la partecipazione di musicisti come Roberto Angelini, José Ramon Caraballo Armas e Andrea Ruggiero, “Serenata per chi è nervoso” è un piccolo bignami, utile a chi preferisce trovare un suo percorso del tutto personale, fuori dai comuni dettami ma non per questo meno originale.