Sono piccole gemme. Sono racconti. Sono disegni a matita e personaggi di fantasia. Ma è anche la vita di ognuno di noi, quel piccolo modo di stare al mondo, dentro suoni piccoli, dentro amori che illudono, che ci fanno rinascere… e si rinasce un poco per volta. Elisabetta Arpellino ci colpisce nel modo incantato di restituire forza alla lirica di una canzone semplice. Questo secondo Ep dal titolo “Anita” è fatto di quella semplicità quotidiana che viene ricamata con mano ferma e, oserei azzardare, antica a suo modo…
“Cantastorie”… e neanche tra virgolette. Secondo te la canzone oggi serve ancora a
cantare storie?
Credo che la canzone sia un modo per veicolare un messaggio attraverso una storia, può cambiare il modo di raccontarla, il linguaggio che si usa, ma per come la vedo io in ogni canzone c’è una storia, se vogliamo più di una: quella dell’autore che la scrive e quella dell’ascoltatore. In ogni canzone c’è una storia, non credo sia un concetto superato. Io mi definisco cantastorie perchè attraverso la musica voglio dare voce alle storie che vivo o che incontro per strada.
Per te una storia cos’è?
“La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere” per citare De Gregori, tutti abbiamo una storia e allo stesso tempo ci sono mille storie che ci circondano. Per me una storia è qualcosa che si vuole condividere o che vale la pena di condividere perché anche se fa parte del nostro vissuto potrebbe somigliare al vissuto di qualcun’altra e quindi ci si potrebbe immedesimare, è questo il potere delle storie che se condivise possono far sentire meno sole altre persone che in quel momento provano sentimenti simili e si sentono emarginate.
Radici classiche, non solo da ascoltare ma anche dichiarate. Che rapporto hai con la canzone d’autore di quel tempo e parlo di Guccini, De Gregori etc…?
Io li ho sempre considerati i miei nonni musicali e grazie a loro se ho iniziato a scrivere, penso siano stati e siano ancora oggi dei grandissimi musicisti e autori che hanno raccontato il loro tempo e le loro lotte attraverso la musica. Gli ascolto ancora adesso, qualche anno fa sono stata ad un bellissimo concerto all’Arena di Verona di De Gregori, i cantautori di quella generazione fanno parte del mio background e saranno sempre figure importanti, modelli a cui aspirare.
E con il futuro? Come pensi che sarà la musica in generale? E le storie… avremo storie in futuro?
Vedo difficile un mondo senza storie, le storie le troviamo nella vita di ogni giorno non serve per forza cercarle tra la carta stampata (o se vogliamo essere più moderni sullo schermo) le storie ci circondano, noi stessi abbiamo una storia, senza storia non c’è passato ma nemmeno futuro.
Per quanto riguarda la musica penso che continuerà ad evolversi, ma allo stesso tempo ad un certo punto ci sarà una riscoperta del “classico” (non inteso come musica classica) una riscoperta dei suoni meno elettronici ma più acustici, come in ogni fase della storia della musica insomma continueranno ad esserci elementi di novità, ma con una riscoperta del passato.
“Anita” in qualche modo somiglia a te come donna, come ragazza, come bambina?
Anita ha molte cose di me, ma allo stesso tempo non racconta soltanto la mia storia. Con Anita ho voluto raccogliere il dolore spesso provato da diverse donne, un dolore condiviso che però molto spesso teniamo nascosto per paura di essere etichettate come deboli o vittime. Anita fino ad ora è il progetto più importante per me perché racconta di temi a cui tengo molto che molto spesso passano in secondo piano o vengono nascosti, ed è per questo che ho voluto raccontarli, perché anche se solo una persona dopo aver ascoltato l’Ep si sentirà compresa e meno sola per me sarà un successo, perché è questo l’obbiettivo che mi prefiggo ogni volta che scrivo qualcosa arrivare al cuore di anche una sola persona e portargli un po’ di sollievo o farla sente meno sola, perché è quello che molto spesso mi è successo con la musica: ascoltare una canzone ed essere compresa e pensare non sono sola da qualche perte nel mondo c’è qualcuno che prova queste cose come me in questo momento.
Bello l’artwork… sulla copertina potrei chiederti mille cose. Siamo in lotta con noi stessi?
No, è più un vedersi allo specchio. Ci sono due figure che troviamo già nelle copertine dei singoli: in Anita la ragazza con il maglione mentre in Senza Fondo la ragazza con l’armatura. Il significato finale è quindi Anita che si guarda allo specchio e di riflesso vede una donna, una ragazza guerriera che simboleggia la forza da una parte che gli è servita per rialzarsi dal suo dolore, ma la si può anche vedere come la ragazza guerriera con l’armatura per difendersi dal mondo e dal giudizio nei confronti del suo dolore che si guarda allo specchio e vede la sua fragilità, si vede per quello che è una ragazza fragile ma allo stesso tempo forte.