Si intitola “Lo Stato Canaglia” il nuovissimo disco di Johnny DalBasso, un artista che al modo d’autore innesta potenti acidi di un punk anacronistico, quasi stoner, alternativo nei modi convenzionali di pensare alle mode. Di mode non esistono tracce se non quella di una voce che si alza contro lo stato sociale delle cose, della vita, del nostro modo di stare al mondo. E qui potremmo star ore a sottolineare un discorso importante e lungo quanto basta. Un lavoro che ai nostalgici porterà il gusto di tempi adolescenziali dei centri sociali ma che ad oggi, tra allegorie e modi di dire, è un disco da ascoltare con attenzione e immersione…
La canzone d’autore passa per trame stoner e di un rock scuro in volto. La storia può anche riassumersi in un punk moderno. Le tue radici? Che dischi troviamo dentro questo disco?
Ho voluto inserire in questo disco molti sei miei riferimenti musicali e dei dischi che amo: si posso trovare i Clash di Spanish bomb e i Litfiba di Tex in “Andalusia”, i Ramones e sempre i Clash in “Berlin burning”, altra citazione è l’inizio di “Meglio di no”, ultimo pezzo di Stato Canaglia, che riprende i Franz Ferdinand di Katherine kiss me, contenuta nel loro Tonight, disco che amo, e poi gli immancabili Queens of the stone age che si trovano tra le note delle chitarre di “Senza nome”; insomma, questo disco è un compendio di molte cose che amo nella musica del passato remoto e recentissimo.
Per te la parola punk che significa? Per un cantautore poi…
La parola punk per me vuol dire libertà di espressione, con l’idea di base che nulla è sacro e tutto si può dire e fare nell’arte. Oggi questo tipo di libertà però è in netto contrasto con il neo-perbenismo e la mega-suscettibilità imperante in una società che sta vivendo una crisi profonda, in cui invece di affrontare i problemi e confrontarci ci si rifugia nel “non si può dire” o “non si può fare” che purtroppo impoverisce la musica e l’arte in generale. Non esiste una libertà di espressione limitata, o c’è o non c’è.
Ed il futuro secondo te come incide nel contaminare il suono di “Lo stato canaglia”?
Questo disco l’ho immaginato sincronico, nel senso che nelle canzoni vedi passato e presente e ipotesi future che si mescolano tra di loro. Un mio vecchio maestro mi ha insegnato che le arti sono sincroniche e che se appartengono troppo ad un’epoca poi invecchiano facilmente; quindi, spero che in questo disco il futuro incida in modo tale da far viaggiare nel tempo i messaggi contenuti al suo interno per renderli sempre attuali e vivi anche per le prossime generazioni, al di là delle “mode” sonore o di produzione che vanno per la maggiore oggi. Io uso un suono vecchio per dire cose nuove, mentre il pop di oggi non parla di nulla ma ha suoni spaziali patinati e del tutto ingiustificati.
A proposito di contraddizioni che sono il cuore un po’ della narrativa: la tua personalissima ricetta per gestirle e conviverci?
La mia ricetta è questa: le contraddizioni non si gestiscono purtroppo ma si vivono e vince forse chi riesce a ricavarne energia nuova e non chiusura da queste contrapposizioni fatte di contrasti forti e spesso inconciliabili, con patate.
Che bella questa copertina: sembra un segnale stradale o qualcosa di simile. Sto cercando di codificarla ma non ci riesco o meglio non approdo mai ad una sola soluzione. Ci aiuti?
In effetti è un segnale che indica il pericolo di inquinamento ambientale, lo si può trovare sul retro dei tir che trasportano materiali pericolosi per l’ambiente o dietro ad alcuni prodotti per la casa. Questo segnale mi ha sempre colpito, perché riesce a rendere quel senso di pericolo e di conseguenze attraverso soli tre elementi che si incrociano tra loro in modo, se vogliamo, infantile. L’ho usato perché in questo momento la società ha bisogno di un segnale, nel vero senso della parola, che se si continua così non ci resta che il baratro, un segnale di speranza sperando che le cose vadano meglio nel prossimo futuro.
E poi come non citare questo video “Andalusia”… come l’hai realizzato?
Dovevo esprimere il concetto di libertà ma anche di costrizione, che è il tema della canzone, e, dopo varie idee e bozze poco convincenti, ho avuto l’idea di esprimere questi concetti con l’immagine di un cane al finestrino dell’auto, che è sia contento di sentire il vento e di guardare il Mondo muoversi stando fermo, sia costretto nell’abitacolo dell’automobile guidata dal suo padrone. Un mio amico mi ha portato i suoi due bellissimi cani pastore, Sila e Thor, e abbiamo realizzato questo video semplice ma, credo, efficace. E poi gli animali non recitano ma allo stesso tempo sono attori nati.