Il 12 novembre 1989, tre giorni dopo la caduta del muro di Berlino, Achille Occhetto, l’allora segretario del Partito Comunista italiano annunciò “grandi cambiamenti” a Bologna in una riunione di ex partigiani e militanti comunisti della sezione Bolognina. Fu questa la cosiddetta “Svolta della Bolognina” nella quale il leader del Partito propose, prendendo da solo la decisione, di aprire un nuovo corso politico che preludeva al superamento del PCI e alla nascita di un nuovo partito della sinistra italiana.
All’interno del partito si accese una discussione ed il dissenso, per la prima volta, fu notevole e coinvolse ampi settori della base. Dirigenti nazionali di primaria importanza quali Pietro Ingrao, Alessandro Natta ed Aldo Tortorella, oltre che Armando Cossutta, si opposero in maniera convinta alla svolta.
Per decidere sulla proposta di Occhetto fu indetto un Congresso straordinario del Partito, il XIX, che si tenne a Bologna nel marzo del 1990.
Le conseguenze di quella che fu di fatto la “morte del Pci” si manifestarono in due anni di dibattiti appassionati a cui presero parte centinaia di migliaia di persone.
In quel periodo, nell’ambiente di sinistra, persistevano solo grandi interrogativi, ci si chiedeva; “Siamo ancora un partito?” “Saremo ancora un partito di sinistra?” “La sinistra italiana è finita per sempre?”. Al dibattito furono coinvolte tutte le aree sociali e culturali del paese, si scrissero centinaia di articoli, decine di libri e si incisero addirittura dei dischi sul tema. Uno di questi era “Tango Rosso“, un 45 giri pubblicato nel 1990 in piena bufera post-comunista, contenente l’omonimo brano cantato da Sergio Endrigo accompagnato da una voce allora ancora nuova, quella di Max Manfredi (in quell’anno vincitore al Premio Recanati e impegnato con l’incisione del suo primo album “Le Parole del Gatto“).
Il disco, inciso per la RCA, sintetizzava al meglio le inquietitudini e i grandi interrogativi che serpeggiavano in quel periodo nella sinistra italiana;
E adesso cosa fare
E adesso dove andare
In che cosa sperare
E l’uomo nuovo dov’è
Si è perduto nella steppa
E non tornerà mai più
Un’idea strozzata dalla burocrazia
Da sgangherati piani quinquennali
Ma che malinconia
Quando muore un’utopia
Altre rivoluzioni
Altre primavere verranno
Chissà dove chissà quandoE adesso cosa fare
E adesso dove andare
Non ci resta che Batman
E un tango da cantare
Non c’è più il PCI non c’è più il PCI
Il PCI non c’è più non c’è più il PCI
Il PCI non c’è più non c’è più il PCI
Ai vari interrogativi, risposero l’anno seguente (il 3 febbraio 1991) i vertici del PCI, che deliberarono lo scioglimento del partito promuovendo contestualmente la costituzione del PDS (Partito Democratico della Sinistra). Il cambiamento del nome intendeva sottolineare la differenziazione politica con il partito originario accentuando l’aspetto Democratico.
Una novantina di delegati non aderirono e diedero vita al Movimento per la Rifondazione Comunista, che poi inglobò Democrazia Proletaria e altre formazioni comuniste minori assumendo la denominazione di Partito della Rifondazione Comunista (PRC).